Nel suo primo anno e mezzo da ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è senz’altro riuscito a portare a casa qualche buon risultato. A cominciare dall’accordo per il rinnovo del contratto per il personale della scuola, raggiunto peraltro in tempo di record a pochissime settimane dal suo insediamento al ministero di viale Trastevere, come giustamente sottolineato nel suo articolo da Corrado Ocone (e come io stesso ebbi modo di evidenziare in più di un occasione proprio su questo sito).
Su un altro punto, poi, mi trovo d’accordo con quanto scritto da Ocone: la dequalificazione della figura del docente e il venir meno del prestigio e dell’autorevolezza che chi svolge questa professione dovrebbe necessariamente avere è ascrivibile in buona parte alla crisi valoriale che attanaglia la società occidentale. Non c’è dubbio. Per quanto concerne invece i temi oggetto del mio precedente articolo, ovvero precariato e retribuzioni, la questione, a mio modesto avviso, è molto più ampia e complessa rispetto alle considerazioni avanzate da Corrado Ocone.
Il fatto di aver bandito un concorso, ottima notizia, per carità, non può certo giustificare la mancata proroga della procedura ex art. 59 con cui si sarebbero potuti immettere in ruolo i docenti specializzati inclusi nella prima fascia sostegno. Cosa che peraltro era puntualmente avvenuta negli anni precedenti. Ora, se chiedi ai docenti di intraprendere un percorso di specializzazione, il cosiddetto tirocinio formativo attivo (Tfa), che comporta la fruizione di svariate centinaia di ore di lezione da svolgere prevalentemente nei weekend e in presenza nell’arco dell’intero anno accademico, nonché il versamento di quote di iscrizione dell’ammontare di diverse migliaia di euro (circa 3 mila euro a cranio), finalizzato all’immissione in ruolo, poi non puoi proprio permetterti il lusso di cambiare le carte in tavola a partita in corso.
Perché, così facendo, quasi 30 mila docenti (ed elettori) di tutte le età, tornati giocoforza tra i banchi universitari per conseguire la tanto agognata specializzazione indispensabile per acquisire il ruolo, continueranno a rimanere precari anche nel prossimo anno scolastico per effetto della mancata proroga della citata procedura. Peraltro, dopo aver investito tempo (molto) e denari (tanti). Orbene, come potranno mai sentirsi costoro, se non delusi? Su chi riverseranno tutta la frustrazione accumulata, se non su quell’esecutivo reo di aver strappato loro il cotanto desiderato ruolo?
Non a caso il mio precedente articolo parlava di aspettative tradite e di delusione da parte degli eterni precari della scuola, che, se nulla dovesse cambiare, continueranno a rimanere tali ancora a lungo. Poi, chiaramente, costoro potranno pur sempre tentare di spuntarla tramite il concorso. Ovvio. Ma a questo punto, perché continuare ad attivare ogni anno decine di migliaia di posti per l’accesso ai percorsi abilitanti, se poi sarà sempre e comunque necessario dover sostenere e superare un concorso? Magari solo per consentire alle università di “fare cassa”. Chissà. Sta di fatto che, almeno al momento, a pagare (in tutti i sensi) sono i docenti.
Ma suvvia, che sarà mai. Potranno anche permetterselo, obietterà Corrado Ocone, vista l’entità degli aumenti recentemente ottenuti, che raggiungerebbero (il condizionale è d’obbligo) finanche 300 euro mensili (sempre secondo i dati snocciolati da Ocone). Magari! Mi verrebbe da aggiungere, essendo io stesso un docente. Magari! A tal proposito, per cercare di fare luce sulla questione, non ho problemi a riportare fedelmente l’ammontare delle mie retribuzioni da insegnante relative al mese in corso e allo stesso periodo di un anno fa: 1627 euro a marzo 2024, contro 1562 dello stesso mese del 2023. In totale fanno 65 euro in più, che indubbiamente faranno comodo (tanto), ma, certamente, non basteranno ad allineare le retribuzioni italiane a quelle degli altri paesi europei.
Per colmare quel gap serve ancora molto. Come molto sarà il lavoro che Giuseppe Valditara sarà a chiamato a svolgere se veramente vorrà risolvere le piaghe della precarietà e della sotto-retribuzione dei lavoratori della scuola.
Salvatore Di Bartolo, 10 marzo 2024
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