Valditara ha ragione: separare le classi di stranieri non è razzismo

La sinistra grillopiddina delira e conferma la sua natura di essere inclusiva e accogliente solo a parole

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Valditara Classi Separate

Il sindaco di Pontoglio, nel Bresciano, nega la cittadinanza a una marocchina “che non conosce una parola di italiano” e la sinistra grillopiddina sbraita al razzismo. Adesso il ministro scolastico Giuseppe Valditara propone corsi integrativi di calcolo e di italiano per chi non lo parla e ancora la sinistra grillopiddina ci vede il razzismo, il fascismo: forse che l’integrazione passa per l’analfabetismo? Valditara, uno che troppo spesso si distingue per sudditanza woke, uno che voleva imbarcare Cecchettin per farlo predicare di patriarcato negli istituti, questa volta ha fatto una cosa non di destra, o di sinistra, o di sopra o di sotto: semplicemente di civiltà e di inclusività, di tutela anzitutto per gli studenti stranieri. Non esiste condizione, sensazione peggiore e più tragica di quella di chi, in una terra sconosciuta, non è in grado di comunicare e si ritrova derelitto ai bisogni più elementari e inesprimibili, inaccessibili. Cosa ha proposto il ministro? Non scuole o classi separate, muri tra sezioni, divisioni come nei blok nazisti, ma corsi intensivi di supporto e di soccorso affinché quanti non in grado di comunicare nella lingua del Paese che li accoglie possano rimediare in una ragionevole celerità. Quanto a dire l’esatto contrario della ghettizzazione che ci vede la sinistra: se mai la fine dell’isolamento, la sghettizzazione, le condizioni primarie e irrinunciabili per inserirsi. E che altro dovrebbe fare uno Stato responsabile, sia verso i suoi indigeni sia per gli esotici che ne entrano a far parte?

La sinistra parolaia e populista è sempre pronta, a parole, a schierarsi per i bisogni, per le classi lavoratrici ma nessuno si prende la briga di chiedere a un insegnante come si trova nel vortice di un tempo selvaggiamente migratorio, che bene o male bisogna poi assimilare. E non lo chiede, la sinistra salottiera che ha tutte le risposte, in negativo, perché sa benissimo cosa si sentirebbe rispondere: che no, non è possibile alcuna attività didattica con chi non mastica almeno un italiano elementare, basilare; che insegnare a generazioni di nuovi o prossimi italiani senza l’uso dell’italiano è peggio che un ossimoro, è un girone dantesco; e che però bisogna pur rimediare, cosa che le scuole, e in esse gli insegnanti di maggior volontà, tentano a proprie spese, sulla propria fatica, fuori dall’orario scolastico, con generosità inesausta ma sfinente, totalmente abbandonati dalla politica cialtrona e parolaia.

Adesso un ministro si propone di risolvere in qualche modo una questione impossibile, tipica del demenziale italico: italianizzare chi non può sentirsi italiano e, non potendolo, non vuole o ci rinuncia, resta autoghettizzato nei propri gesti, nei conati penosi da mimo sociale, in una lingua autoctona che dove è adesso non funziona o funziona solo tra simili. Alimentando il cerchio dell’autoesclusione e della diffidenza. Perché mai il sindaco di Pontoglio avrebbe dovuto nazionalizzare una nordafricana che a 21 anni resta impermeabile alla lingua in cui volente o nolente è chiamata ad esprimersi, a palesare bisogni e a rivendicare diritti, cioè a vivere tra i vivi, a esistere socialmente? Il ministro Valditara è della destra light e non osa, non si sogna neppure di proporre classi separate quanto finestre didattiche adatte per gli scolari bisognosi di supporto linguistico e matematico: ma è quanto basta alla sinistra grillina e piddina per delirare. C’è del pazzesco nelle obiezioni di certi demagoghi: no alle classi ghetto, così si peggiora il problema, le soluzioni sono altre.

Ma nessuno le ha mai proposte né si sogna di proporle. Per cui non resta che un sospetto: per la sinistra inclusiva a parole, ma afasica per quanti abbandonati a loro stessi, il concetto di integrazione e di inclusione ha a che fare con l’irresponsabilità e l’indifferenza alla arrangiatevi e si salvi chi può. Ma è sociologicamente provato che chi non può comunicare finisce nella schiera dei marginali, finisce per delinquere, che forse è la prospettiva da cui la sinistra che si pretende accogliente si sente più sedotta. Predica questa sinistra poltronifera: “Servono mediatori e mediatrici culturali, rafforzare l’organico dove c’è più bisogno, supporto scolastico e lezioni di lingua italiana per stranieri. Così si affronta una questione seria, non con la propaganda”. Che è come dire che ci vogliono precisamente le cose, gli strumenti che il ministro light tenta minimamente di introdurre (non ci riuscirà, in Italia qualsiasi proposito è per definizione sbagliato, azzardato, avventato e alla fine arriva Mattarella e chiude la questione con qualcuna delle sue formule rotonde e inconcludenti). Ovvero la sinistra che sa sempre tutto, perché qualsiasi problema lo rimanda a soluzioni differite e impraticabili, se la cava con la propaganda che addebita agli altri.

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Ma ancora più insopportabile, più scioccamente inconsistente è la non soluzione della Cgil scuola che per bocca di una segretaria Gianna Fracassi così risolve la questione: “Noi pensiamo che l’inclusione passi per il potenziamento dell’offerta formativa”. Che tradotto dal sindacalese ineffabile sarebbe: dateci soldi, più soldi, e poi a farli girare ci pensiamo noi. Insomma l’ennesima storia italiana per cui di fronte ad una situazione di ritardo che penalizza tutti a partire dagli utenti, passando per i funzionari dello Stato che sono gli insegnanti per arrivare alla società nel suo complesso, la destra light non va giù dura, come certi Paesi dell’est, ma chiede permesso alla sinistra la quale le risponde: non se ne parla, compito dello Stato non è risolvere problemi ma crearli o aggravarli; così che ne sorge la necessità di nuovi finanziamenti, nuovi sprechi, nuove prebende per noi che lo Stato lo incarniamo, mangiandolo, pro tempore. Ma un tempo che non deve finire mai. Che squallore però, che miseria politica.

Max Del Papa, 1 marzo 2024

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