Valencia, altro che colpa del “clima”: “Piani anti alluvione fermi da 15 anni”

Lavori fermi e progetti in stand-by nelle zone colpite da Dana, mentre una diga di 2 mila anni fa ha salvato decine di vite

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alluvione Valencia

Oltre 220 vittime, decine di dispersi, inondazioni e disagi. L’alluvione ha messo in ginocchio la Spagna e ora è nuovamente allerta in Catalogna e nella provincia di Castellon. La caccia al colpevole è già partita, ma ci sono alcune riflessioni da  fare su quanto accaduto ma anche su quanto non accaduto. Partiamo da Almonacid de la Cuba, Aragona. Nonostante la forza di Dana, una diga romana risalente a 2 mila anni fa è riuscita ad arginare la furia del fiume Aguasvivas in piena, deviando il flusso di acqua e fango sul fianco di una collina. Parliamo di un’opera realizzata nel II secolo d. C. e rinforzata il secolo dopo, alta 134 metri e lunga 120, fondamentale per evitare morti e danni.

Una bella notizia nella sfilza di tragedie, ma anche uno spunto per allargare il discorso su un certo tipo di ambientalismo. I rischi in caso di alluvione era noti a tutti, da tempo. Come riportato dalla stampa spagnola, sono passati più di 15 anni da quando la Confederazione Idrografica di Júcar (CHJ) pianificò azioni per prevenire le inondazioni in quello che è noto come “Cuenca del Poyo y el barranco de la Saleta”, un bacino ad alto rischio di straripamento. Ebbene, la Dana ha confermato le preoccupazioni: una catastrofe storica ancora non quantificata in termini di morti e distruzioni. La popolazione dei comuni della zona – l’Horta Sud – aveva chiesto l’esecuzione di opere idriche, ma nessuno ha fatto nulla.

In quella zona, il Bacino Idrografico – dipendente dal ministero della Transizione ecologica – ha dei lavori anti-inondazioni in sospeso. Progetti inquadrati in un piano commissionato nel 2009 per un totale di 221 milioni di spesa. Ma le problematiche del bacino sono note da decenni, precisamente dagli anni Novanta. Nel 2004 sono stati effettuati dei lavori, ma insufficienti. Nel 2012, dopo aver ricevuto la dichiarazione favorevole di impatto ambientale da parte del governo centrale, il piano è stato suddiviso in sette progetti di costruzione, due dei quali erano in corso ma la cui esecuzione è stata ritardata per ragioni economiche.

Martedì scorso, la Confederazione Idrografica di Júcar aveva messo in guardia sulla possibilità di straripamento del burrone del Poyo, cosa che l’ha portata a decretare lo stato di emergenza idrologica. L’alluvione ha colpito duramente diversi comuni, una distruzione come poteva essere evitata. “Un rischio zero non esiste”, ha evidenziato l’esperto Federico Bonet ai microfoni di Valencia Plaza, ma una cosa è certa: con investimenti mirati in grandi opere la situazione sarebbe completamente diversa.

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Studi e progetti per la messa in sicurezza della zona non mancano, anzi esistono da almeno 15 anni. Ciò che mancata è evidentemente la volontà di intervenire: “Molte volte i progetti non vengono portati a termine perché richiedono molti investimenti e si trovano in luoghi remoti che non attirano l’attenzione dei politici”, ha rimarcato Bonet. Anche il professore di Ingegneria Idraulica dell’Università Politecnica di Valencia (UPV) Félix Francés si è detto convinto della mancata esecuzione dei piani di gestione delle inondazioni: “Bisogna capire che si tratta di un problema di mancanza di finanziamenti; le priorità a livello nazionale erano diverse e gli investimenti su questi temi vengono pianificati ma non realizzati”. Quanto accaduto è semplicemente un disastro annunciato: “Ho realizzato dieci modelli idrologici di quel burrone, una soluzione c’è”.

Nessun fulmine a ciel sereno. Nessuna tragedia imprevedibile. Si poteva intervenire. Ma forse chi di dovere ha pensato un po’ troppo alla religione green, al mito dell’elettrico, anziché concentrare gli sforzi sulle grandi opere anti-alluvione. Non c’è bisogno di replicare le dighe di 2 mila anni fa – che funzionano meglio di tutte le altre – ma mettere a punto una serie di interventi mirati, concreti, salvifici. Le auto alla spina, le emissioni e le varie castronerie dell’agenda verde vengono dopo.

Franco Lodige, 4 novembre 2024

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