Vannacci dice no: “Mi rifiuto di dichiararmi antifascista”

Il generale alla presentazione del suo libro risponde a chi gli chiede la certificazione “antifa” per poter affittare aule comunali

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Vannacci: "Adesso se uno non si dichiara antifascista non può parlare. Io mi rifiuto di farlo"

Roberto Vannacci dice no. Si rifiuta di dichiararsi antifascista. Il generale lo ha messo in chiaro durante la presentazione del suo nuovo libro “Il coraggio vince” insieme a Francesco Storace.

Secondo il militare, in Italia c’è la tendenza ad utilizzare certi termini, come razzista, fascista, putinista e omofobo, per “denigrare la persona che deve parlare” in modo tale da “escluderla”. Cioè da togliergli legittimità di parola. “Adesso l’ultima tendenza che continuano a chiedermi, me lo hanno chiesto anche ieri sera, è la certificazione di qualità – ha raccontato – Per esprimere le proprie opinioni bisogna dichiararsi antifascista e poi ci si può mettere a parlare. Io avviso tutti quelli che in futuro me lo vorranno chiedere che io la certificazione non la voglio esporre. E quindi non mi dichiarerò antifascista, perché non è richiesto e non è opportuno. La legge proibisce la ricostituzione del partito fascista, ci atteniamo a quello che dice la legge”.

Il generale ha poi aggiunto: “Dandomi dell’omofobo sembrerebbe quasi che io abbia il terrore ingiustificato di tutti quelli che non si riconoscono nell’eterosessualità. Ma “non è vero. “Nei campi dei gusti e delle predilezioni ognuno fa quello che vuole – ha aggiunto – Per chi pensa o dovesse pensare che io possa comportarmi come Dracula quando vede il crocifisso sbaglia. Ho una vita normale, sono un uomo del XXI secolo, ho avuto i miei incontri con persone omosessuali, non mi dà fastidio”.

Stesso discorso per le accuse di razzismo a un soldato che è stato in Africa, Medio Oriente e Asia Centrale:  “In questi posti – ha concluso Vannacci – mi sono reso conto di quanto siano orgogliosi della loro origine. Voler omologare tutti in un’unica umanità che non rappresenta nessuno è il grande errore che facciamo in nome di una inclusività farlocca che non serve a nulla”.

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