Non ci si attendeva molto da Christine Lagarde giovedì nel presser post Consiglio Ecb: nessuna modifica ai tassi e nessuna al Pepp, il Programma di acquisti, bassa crescita, molta incertezza in un generale senso di ottimismo. Il maggior interesse era sulle previsioni su l’evoluzione di inflazione e crescita e di come Lagarde li avrebbe commentati insieme al “linguaggio “utilizzato per argomentare – se mai – l’eccessiva volatilità dell’Euro.
Già nel gennaio 2018 la Bce aveva inserito nella sua dichiarazione iniziale che la alta volatilità del cambio sarebbe stata fonte di incertezza e richiedeva un attento monitoraggio per le possibili implicazioni sulle prospettive di medio termine e per la stabilità dei prezzi. Avevamo commentato in divenire qui sul blog già a inizio agosto che un eccessivo apprezzamento della valuta avrebbe potuto in qualche maniera ridurre i vantaggi ottenuti dalle operazioni di politica non convenzionale oltre che influire sulla competitività delle imprese europee. Quel che ci si poteva attendere era un qualche indizio per intuire in lontananza il nascere di una possibile guerra dei cambi, indizio che invece il presidente Lagarde si è ben guardata dal concedere mantenendo un linguaggio molto moderato ripetendo il mantra Ecb di sempre: il cambio non è un obbiettivo ma viene attentamente monitorato. A confermare che qualche cosa si dovrà fare, interviene oggi a il membro del board Villeroy rammentando che se è vero che Ecb non ha target sul cambio questo ha un ovvio peso su inflazione e direzione della politica monetaria.
Ma quel che si attendeva erano la visione dettagliata e le previsioni del capo economista Ecb Philip Lane preannunciate ieri da Lagarde in apertura di presser e apparse ieri sul blog di Ecb. Lagarde non è probabilmente il miglior banchiere centrale possibile confermando la tradizione della Ecb fatto salvo Mario Draghi, ma purtroppo non ha la sottile diplomazia del non detto. Non si limita a ripetere quel che il bravissimo e intellettualmente onesto Lane imposta ma “deborda” ogni tanto in affermazioni e Lane deve intervenire il giorno dopo a rimediare. Oggi a comprimere forse l’eccessivo ottimismo mostrato ieri da Lagarde, a marzo su quella che si ricorderà nella storia recente come la più maldestra dichiarazione di un banchiere centrale: “ we are not here to close the spread (non siamo qui per chiudere gli spread)”.
Abbiamo commentato la settimana passata il “caso” della inflazione headline negativa e di quella core ai minimi storici, ed è appunto su su quest’ultima e sulla dinamiche economiche della Ez (EuroZona) e delle politiche monetarie che Lane tratta nel suo intervento. Nel post di Lane tuttavia una dichiarazione iniziale per far capire subito la direzione del pensiero: “Non ostante l’evidenza che le politiche monetarie prese a marzo stiano dando un considerabile supporto alla ripresa economica, non c’è assolutamente spazio per esser soddisfatti” all’apparire della quale i mercati hanno reagito immediatamente: il Bund 10 anni – 6 punti base rispetto al massimo ottenuto ieri durante la conferenza stampa e gli azionari Europei più tranquilli rispetto alla buona salita sull’ottimismo di ieri.
Lane osserva che il miglioramento del 0.7% c’è stato sebbene largamente in linea con quanto atteso. Ma a pesare su questo ora e per il futuro la disparità nella crescita settoriale: il manifatturiero ha acquisito tonicità ma il settore dei servizi rimane indietro. Su una ripresa concreta che ha previsioni variabili nella magnitudo e nel tempo, ovvero per tornare ai livelli preCovid lo scenario varia da una previsione media di fine 2022 dove la più ottimistica è per giugno 2021 e la pessimistica per oltre il 2023-2024, pesano l’incertezza complessiva che frena investimenti e soprattutto domanda: il tasso di risparmio della Ez è più che raddoppiato e la nostra osservazione è che si può inondare il sistema di liquidità anche e soprattutto attraverso Tltro ma se questa non arriva direttamente a imprese e soprattutto a famiglie i vantaggi – ci pare di osservare per esperienza dal 2012- sono limitati. La non crescita dei prestiti negli ultimi mesi è un indicatore tattico che non vorremmo restasse immobile.
E se Lagarde ha dato spiegazioni diverse per il dato di inflazione negativa ritornando sul punto che una sola lettura così bassa non consente di definire il sistema in condizioni di deflazione, ci permettiamo di osservare che le previsioni di Ecb per headline e core per fine anno rimangono molto basse con un ritorno a livelli accettabili più consistenti – ma sempre molto lontani dall’obiettivo del 2%- solo da fine 2021.
Fabrizio Jorio Fili, 12 settembre 2020