La cappa. Quella dell’ambientalismo, che si preoccupa del carciofo geneticamente modificato ma non dell’uomo geneticamente modificato. Ma anche quella del covid. O ancora della “abolizione della realtà”, in cui ognuno di noi è “ciò che vuole essere” e “il nostro desiderio vince sull’ordine naturale”. Marcello Veneziani torna in tv e lo fa a Quarta Repubblica per parlare del suo ultimo libro dal titolo “La Cappa. Per leggere il presente” (Marsilio). “La mia preoccupazione è che la cappa sperimentata nel periodo della pandemia diventi una norma quotidiana – dice Veneziani -: un po’ entrerà nelle nostre teste e nostre abitudini; un po’, attraverso un sistema di restrizioni e vigilanza, ci farà vivere in un’atmosfera opprimente e uniforme”.
Veneziani, la “cappa” e il sistema dolcemente totalitario
Le restrizioni per Covid, che con un inganno normativo ora il governo promette di voler eliminare, per Veneziani non sono giustificate dai decessi, dai contagi, dai ricoveri. “Il virus è l’occasione, non la causa: ha dato la possibilità di agire attraverso un piano di vigilanza mondiale che ha effetti devastanti. Se pensiamo a tutte le implicazioni del controllo digitale, o se pensiamo alle restrizioni che abbiamo accettato come un fatto naturale, capiamo che siamo entrati nell’ottica di pensare che nel nome della vita è possibile limitare la vita”. Certo occorre salvaguardare la salute, “ma quando la società è totalmente subordinata alla salute e si sacrifica ogni altra libertà, allora inizia ad essere un grandioso alibi che può diventare l’apertura per un sistema dolcemente totalitario”.
Mattarella, funzionario della “Cappa”
Ne ha per tutti, Veneziani. Per gli applausi “pirandelliani” dei partiti all’elezione di Mattarella, che “ha fatto un discorso di rottura col suo predecessore, cioè Mattarella stesso” ed è stato uno dei “principali funzionari della Cappa”. Per gli intellettuali che hanno smesso di “avere un ruolo pubblico e civile” e ormai solo “scrivono saggi sulla propria morte”. Ne ha anche per Sanremo, o meglio il “festival della minchioneria”, dove si “rappresentano i pregiudizi odierni su pregiudizi antichi”. Ne ha per il Papa, che va ospite da Fabio Fazio accolto da un clero di papisti tutti atei e di sinistra: “Il papa in tv non è un obbrobrio – sostiene – ma che scelga quella trasmissione mi fa pensare che abbia fatto una scelta politica, che abbia scelto un versante, che abbia cioè costruito un muro verso gli altri credenti, i conservatori e gli amanti della tradizione. Penso che Bergoglio abbia chiuso con quel mondo”. Ma non solo. Veneziani punta il dito contro la “biopolitica”, che entra nella vita di ogni giorno delle persone e nei loro modi di pensare. E contro tutte le altre “cappe” sotto cui rischiamo di infilare la testa. “La cancel culture – spiega – è una ‘cappa’ della storia, che va attualizzata in modo da renderla riducibile al nostro presente, oppure va abbattuta”.
Il trans comunismo
L’ultimo allarme, infine, Veneziani lo lancia parlando di “trans comunismo”. Che non c’entra nulla con i travestimenti di Drusilla Foer, ma è “il comunismo dopo il comunismo”, fatto di due componenti: da una parte l’ideologia reale, applicata in Cina; dall’altra quello ibridato dal mercato, capace di mettere insieme anche il codice di politicamente corretto e che rappresenta il sentire settario del comunismo di una volta”. Insomma: “si ha l’idea che il comunismo, in versione trans, sia rinato”. L’ennesima cappa da cui dovremo cercare di liberarci.