Quasi cinque milioni di euro abbandonati in un magazzino a prendere polvere. Cinque milioni di euro spesi dalla struttura commissariale a quel tempo guidata da Domenico Arcuri, che hanno preso la forma di 484 respiratori polmonari praticamente inutilizzabili. “I ventilatori presentano caratteristiche hardware e software che di fatto ne rendono improponibile l’utilizzo in pazienti con insufficienza respiratoria”. Erano stati inviati in Piemonte nelle fasi più crude, e iniziali, della pandemia da coronavirus. Ma non vanno bene. Avrebbero dovuto garantire la ventilazione invasiva e non invasiva, sia nelle terapie intensive che subintensive, ai pazienti colpiti dall’infezione. Ma i passaggi di fase risultano troppo lenti e la valvola inspiratoria si apre in ritardo. E così sono risultati di fatto inutili. Nonostante la spesa monstre di 10mila euro l’uno per acquistarli.
Si tratta di un altro (l’ennesimo?) fallimento della stagione commissariale targata Arcuri. Dopo il caos mascherine, dopo le polemiche sui banchi a rotelle e quelli a rischio incendio, dopo le primule per i vaccini, emerge un’altra nota stonata della gestione contiana dell’emergenza virus. Il Piemonte dopo aver scoperto l’inutilità di quei 484 ventilatori ha fatto da sola: ne ha comprati altri, di tasca propria, per sopperire alla necessità di intubare i malati gravi di Covid. E lo ha fatto perché uno studio comparativo, consegnato al Generale Figliuolo, scrive La Stampa, rivela come i ventilatori sotto accusa “risultano statisticamente meno performanti ed erogano un volume corrente espiratorio inferiore alle altre macchine e ai parametri impostati”. Una mancanza mica da niente, considerato che “un volume minuto basso può condurre ad una mancata eliminazione della CO2 con conseguente affaticamento del paziente, incremento di sforzo e frequenza espiratoria fino all’esaurimento muscolare”.