Sarebbe opportuno che l’Avvocatura dello Stato ci renda edotti a cosa si riferiva quando, avversando la pubblicazione degli atti del Comitato tecnico-scientifico, adduceva ragioni di ordine pubblico. Da chi era minacciato l’ordine pubblico? Dalla reazione delle vittime economiche cadute in disgrazia per una decisione che, scopriamo ora, era tutta politica? È doveroso capire fino in fondo le motivazioni del governo nel mantenere secretati i documenti del Cts.
Il Paese non può convivere con il sospetto che il presidente del Consiglio sia stato mendace verso gli italiani e abbia derogato alle indicazioni del Comitato per accrescere il suo potere, al prezzo di scaraventare nel baratro della crisi un popolo intero. Conte ha il dovere di riferire al Parlamento perché ha agito in discordanza dalle conclusioni del Cts. Troppe ombre si stanno addensando sulla nostra democrazia, che per continuare a qualificarsi come tale deve ristabilire sul punto una verità improrogabile.
Dalla lettura degli atti desecretati del Comitato tecnico scientifico, osteggiata dal governo giallorosso per occultarne i contenuti, sta infatti emergendo la discrepanza fra le proposte precauzionali anti Covid dei tecnici e le decisioni dell’organo politico. Il 7 marzo il Cts individuava «le zone cui applicare misure di contenimento della diffusione del virus più rigorose rispetto a quelle da applicarsi nell’intero territorio nazionale, nelle seguenti: Regione Lombardia e Province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova e Treviso, Alessandria e Asti». Dunque, per il restante territorio nazionale le attività economiche potevano rimanere aperte sempre nel rispetto delle prescrizioni di contenimento del virus, ma Conte decise per il lockdown totale, contravvenendo ai suggerimenti del Cts, con effetti devastanti per il tessuto socio-produttivo. Conte ha sempre demandato ai tecnici la responsabilità dei provvedimenti più rigorosi che hanno paralizzato il Paese. Invece, il Cts ha rappresentato l’alibi per dare fondatezza alla scelta di chiusura totale che venne disposta l’11 marzo scorso.
Il Paese è stato attorcigliato dal lucchetto ermetico nonostante gli esperti del Comitato suggerivano chiusure differenziate fra aree territoriali. Adesso si spiega la resistenza del governo a rendere trasparenti e consultabili i verbali del Cts, che riconducono a Conte la decisione politica del lockdown totale e la conseguente ecatombe economica che si è abbattuta sul Paese.
Oggi abbiamo due certezze: l’emergenza sanitaria si è originata dalla Cina, da cui il virus si è propagato ammantato da opacità informative, e l’emergenza economica, dopo la lettura dei verbali per troppo tempo sigillati, ha avuto come epicentro Palazzo Chigi che, discostandosi dalle indicazioni dei tecnici, ha operato il blackout delle relazioni economiche.
Sugli atti vigeva la secretazione che era venuta meno il 22 luglio con l’accoglimento del Tar del Lazio del ricorso presentato dalla Fondazione Einaudi a cui era stato negato l’accesso ai verbali. Tuttavia, la sentenza del tribunale amministrativo venne sospesa dal Consiglio di Stato in seguito al ricorso del governo che aveva interesse a rendere gli atti inaccessibili. Conte ha dovuto, infine, cedere alle rivendicazioni di trasparenza, che sono giunte anche dal Copasir, autorizzando la pubblicazione dei documenti. Ma ora, di quelle scelte, deve assumersi la responsabilità di fronte all’Aula e all’opinione pubblic
Andrea Amata, 7 agosto 2020