Accuse pesanti

Verdi fuori, patriarcali dentro: che ridere le randellate a Bonelli

Eleonora Evi accusa il partito di “pinkwashing”. E sbatte la porta. Imbarazzo del portavoce

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Rosso, Nero e Verdone: niente da dire, i colori di Bonelli riportano proprio al vessillo dell’amata Palestina, terra proverbialmente inclusiva, democratica e attenta ai diritti umani. Rosso per convinzione, ma forse anche per irritazione; Verde per missione, ma forse pure per bile; Nero per slancio, ma poi nel senso di incazzato, citifonare Soumahoro.

Eh, il Verdebonelli ha una vita politica talmente spericolata, e piena di guai, che il Blasco al confronto è Pupo (definito ieri dal Tg1 “cantante di pace”, siccome canta prima per Putin poi forse per Zelensky: ma noi paghiamo il canone per queste robe qua?). Bonelli, ogni giorno la sua pena: e una volta un sindacalista con gli (e dei miei) stivali che tradisce, che sputtana il partito; e un’altra volta i sassi presi dal fiume perché c’è la siccità, e poi arrivano alluvioni, nubifragi e cataclismi che uno se lo incontra in Transatlantico, Bonelli, apre gli ombrelli di default; adesso pure la co-portavoce, perché meno sono più hanno i portavoce, Eleonora Evi, una dal così bel nome, quasi da automobile elettrica: è quella, per capirci, che più o meno una volta alla settimana va in televisione a farsi distruggere dialetticamente da Capezzone: di lei resta, puntuale, l’espressione sbigottita, afasica mentre Daniele la seppellisce di contraddizioni, di esagerazioni, di ridicolaggini autoindotte. Ah, ma questa volta Ele Evi gliel’ha cantata chiara al boss: “Mi dimetto. Non sarò la marionetta del pinkwashing”.

Pink che? Pinkwashing. Dai, è tipo il greenwashing, per dire la risciacquatura paracula, fingere di essere verdi, o, nel caso specifico, rosa. E allora basta: certi amori, politici, finiscono con un tweet, o quello che è, forse un tweeex. In sostanza, Ele Evi lancia il suo j’accuse: Europa Verde partito maschilista dietro l’apparenza inclusiva e genderfluid, peggio: partito patriarcale. E allora Ele Evi, come Caterina Caselli, prende cappello: insieme a te non ci sto più. Che dramma salottiero, nel senso che i protagonisti, tutto il partito al completo, stanno comodamente in un salotto; anche in un tinello.

Rosso, Nero e Verdone: pure l’accusa di essere un patriarca, povero Bonelli. Povero Angelo, sempre più scapigliato, sempre più stralunato. Chissà perché capitano tutte a me. Maddai, ma chi ci crede. Sì, d’accordo, del patriarca Angiolino può avere certi impulsi, tipo i sassi nelle tasche, anche Noe, finito il Diluvio, era pieno di ciottoli portati dai marosi: però, insomma, non esageriamo: ma come, Europa Verde, questo movimento fluido, integrazionista, femminista e di sinistra, come la signorina di Lucio Dalla…? Ma da qui ad accusarlo di maschilismo oppressivo e ricattatorio, dai! Eppure Ele Evi non ha dubbi e non ha ripensamenti (per il momento): “A fare la donna marionetta non ci sto più”. La donnetta, per crasi. O per crisi: ma che lamenta, che rivendica Ele Evi? Eh, tanta roba: “Quando ho espresso posizioni o visioni non allineate a quelle della dirigenza durante le riunioni della direzione nazionale e pubblicamente, sono stata accusata di ingratitudine nei confronti della famiglia verde’ che mi aveva accolta e offerto uno scranno in Parlamento”.

Ele Evi ha alcune idee, ma confuse: nei partiti comunisti usa così, che si credeva? Anzi le è andata ancora bene, fosse nata tipo 50 anni prima e militante in Lotta Continua, quelle come lei le pestavano come la canapa: è storia. La sinistra radicale ha sempre avuto una storia di rispetto femminile che ricorda molto da vicino i resistenti di Hamas, da cui una certa corrispondenza di amorosi sensi: dovrebbero saperlo non solo le Ele Evi, ma anche le Non una di meno ed altra mercanzia sovversivista.

La faccenda comica sono gli altarini che si scoprono dentro Europa Verde: ve li vedete, voi, Bonelli e Fratojanni nei panni di due ayatollah? (noi abbastanza, conoscendo i polli, ma lasciamo stare).

Ora, immagina: puoi. Immagina se una roba del genere fosse dal sen fuggita del partito di Giorgia Meloni: tutti a rotolarsi in terra, a stracciarsi le vesti, fascisti, maiali, patriarchi, metoo, Hamas portaci via tu. Invece è successa nel partito più comunista di tutti, quello che vuole abolire il maschio, il patriarcato, l’Occidente, le auto diesel, il cristianesimo tossico, i sessi definiti, il consumismo, il capitalismo e via discorrendo. Eh, signorinelle belle, di Nilde Jotti ce n’è una, tutte le altre son paperelle, per i comunisti. Praticamente, se abbiamo capito bene ogni volta che Eli Evi apriva bocca, Bonelli o qualcun altro la rimbeccavano: zitta tu! Che ti abbiamo fatto eleggere. Tanto valeva le dicessero taci e vai in cucina a girare il sugo. Insomma si stava meglio quando si era grillina, eh, compagna Eli Evi? Forse no, magari se n’era andata perché pure la setta di Beppe ricordava più l’Iran che una democrazia europea, va’ un po’ a sapere, delle volte.

Adesso, dal dramma un altro dramma: Elly che fa? Elly per Ele oppure Elly per sè e il dio dei trinariciuti per tutti? Perché se la segretaria sostiene la ex co-portavoce, si gioca l’appoggio della propaggine “ambientalista” (e scusate se ci scompisciamo), ma se fa finta di niente si frega la componente femminista. Come se ne esce? Facile: contestualizzando, cioè è pur sempre colpa del maschio bianco tossico occidentale patriarca. Esclusi i Bonelli, si capisce. E magari dando fuoco a una sede di Pro Vita, così, tanto per dimostrare che la lotta contro il patriarcato continua.

Max Del Papa, 30 novembre 2023

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