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Vertice Libia, perché può diventare un boomerang per il governo Conte

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Il vertice sulla Libia previsto a novembre, a Palermo, rischia di diventare un boomerang per il governo Conte. Il presidente Sergio Mattarella ne è consapevole e sta consigliando, attraverso canali ufficiali e non, di serrare le fila per evitare una figuraccia che rischierebbe di isolare ancora di più l’Italia in un momento delicato.

Prima che dal punto di vista politico, il summit è nel caos organizzativo, con più di venti delegazioni previste da tutto il mondo oltre a quelle della Ue, dell’Onu, dell’Unione Africana, della Lega araba e della Conferenza Islamica. Ma ancora non esiste neppure un elenco ufficiale di conferme. Dopo un ping pong durato settimane, come location è stata scelta Villa Igiea, considerata da molti ‘Servizi’ troppo distante dall’aeroporto e vulnerabile per gli accessi da mare e terra, il Premier Conte spingeva per il Verdura Resort, di Rocco Forte, ma non è stato neppure considerato.

Sul piano strettamente politico manca anche un’agenda dei lavori e il Ministro Enzo Moavero e la Segretaria Generale Elisabetta Belloni cominciano ad essere seriamente preoccupati, soprattutto dopo i rapporti dell’intelligence italiana che sottolineano come le fazioni in guerra in Libia, siano sempre più scettiche perché non vedono nella Conferenza la volontà di arrivare ad un accordo ma l’ennesima inutile parata per i soliti noti. Tra questi non ci saranno né Trump, che pure il giorno prima sarà a Parigi, né Putin. Si spera che per gli Usa arrivi il Segretario di Stato Mike Pompeo.

Con il passare dei giorni c’è il sospetto, sempre più concreto, che i francesi, d’intesa con qualche Emirato, stiano facendo un lavoro sotterraneo di boicottaggio per osteggiare, come sempre, i nostri collaudati rapporti con la Libia anche dopo il recente accordo stipulato dall’Eni con Bp per lo sfruttamento di altri 54mila km. A Palermo per ora è solo confermata la presenza del Capo del governo di Accordo nazionale, Fayez al-Sarraj, sostenuto dall’Onu e dalla comunità internazionale, mentre il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, si è limitato a manifestare il suo “interesse”.

Si naviga insomma a vista, con il nostro Governo che non riesce neppure a prendere una decisione sul rinnovo dei vertici di sicurezza, rinviato di mercoledì in mercoledì, che pure hanno un ruolo fondamentale, soprattutto in Libia, e che mai come adesso dovrebbero essere legittimati, magari con qualcuno che sappia districarsi almeno tra le tribù di Bani-Walid e quella di Zuwaya. Con queste premesse e visto che le elezioni libiche di dicembre slittano, forse sarebbe meglio spostare l’appuntamento di Palermo che, anziché tentare una soluzione, evidenzierà al mondo il difficile momento dell’Italia.

Luigi Bisignani, Il Tempo 14 ottobre 2018