Vertice Nato, perché per Zelensky non è stato un successo

Terminata la due giorni di summit Nato a Vilnius, in Lituania. Cosa porta a casa Zelensky (e perché la Nato rischia di spaccarsi)

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Tutto si può dire, ma non che sia stato un vertice Nato senza attriti. Prima i malumori della Germania, che già aveva anticipato di fare barricate affinché l’alleanza atlantica non portasse immediatamente l’Ucraina nella Nato; poi, è stato lo stesso presidente Zelensky due giorni fa, definendo “inaudita e assurda” l’assenza di un calendario per l’ingresso di Kiev nell’Alleanza. Eppure, poche ore fa, lo scenario sembra essersi ribaltato. Almeno dalla parte ucraina.

Attriti Nato – Ucraina

Il numero uno di Kiev, infatti, ha definitivo il vertice di Vilnius “un successo” per il proprio Paese, riuscendo a strappare la garanzia dal mondo occidentale che, una volta terminata la guerra, l’Ucraina troverà il proprio posto all’interno della Nato. Nonostante tutto, anche ieri non sono mancati gli attriti con altri membri dell’Alleanza. E parliamo del secondo Stato che più, in questi mesi, ha sostenuto la causa di Kiev dopo gli Stati Uniti: la Gran Bretagna.

Il ministro della Difesa, Ben Wallace, a margine del summit, ha deciso di lanciare un messaggio infuocato nei confronti del presidente ucraino, chiedendo che quest’ultimo mostri un po’ di riconoscenza per l’aiuto che il mondo occidentale ha offerto dal 24 febbraio 2022. “Che ci piaccia o no, la gente vuole vedere gratitudine”, ha dichiarato Wallace ai giornalisti presenti a Vilnius. “A volte chiedi ai Paesi di rinunciare alle proprie scorte” di armi, ha poi aggiunto Wallace. Verso la fine, è arrivato l’affondo, rivelando di essersi recato in Ucraina l’anno scorso per ricevere una lista della spesa di armi: “Sai, non siamo Amazon. l’ho detto loro l’anno scorso, quando ho guidato 11 ore per ricevere una lista”.

Un affondo che mostra un clima di tensione tra Ucraina ed alcuni pezzi dell’Alleanza Atlantica, tanto che è dovuto intervenire anche il premier Rishi Sunak per porre rimedio: “Il presidente Zelensky ha espresso la sua gratitudine in varie occasioni a me, al popolo britannico ed anche ad altri alleati – ha detto – Lo ha fatto in modo molto commovente in Parlamento, quando era nel Regno Unito all’inizio di quest’anno. Continua ad essere grato per il nostro sostegno e per l’accoglienza che abbiamo rivolto a molte famiglie ucraine. Penso che tutti possano vedere che è così che si sente”.

Per approfondire:

Una spaccatura, quella britannica, che sembra però elevarsi anche ai vertici ucraini e Nato, visto che il chiaro obiettivo di Kiev, mai mascherato dal suo presidente, è sempre stato l’entrata immediata nell’Alleanza. Un’ipotesi sostenuta dagli Stati dell’est Europa (Polonia su tutti), ma vista con grande sospetto anche dagli Stati Uniti, tenuto poi conto dell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico, secondo cui un attacco armato contro uno o più Paesi membri, in Europa o in Nord America, deve essere considerato un attacco contro tutte. Uno scenario da vera e propria escalation mondiale. 

Cosa porta a casa Zelensky

Ora, invece, è Zelensky a dover scendere al ribasso: “L’Ucraina nella Nato quando ci sarà pace“. Un risultato che sicuramente non era quello aspettato, ma che – nel lungo termine – non cela comunque alcuni rischi geopolitici. Innanzitutto, la fobia russa dell’accerchiamento occidentale, che con un’eventuale ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza potrebbe aumentare a livelli esponenziali. A quel punto, ci sarebbe il rischio (l’ennesimo) che si tratti semplicemente di una posticipazione del problema, proprio come fatto dagli Stati occidentali nel 2014, dopo l’invasione russa della Crimea.

E in tale contesto, la Turchia si sta ritagliando il suo spazio di ritorno da impero, la Germania – come ben evidenziato ieri da Federico Rampini sul Corriere della Sera – non ha mai del tutto rinunciato ad una politica estera mercantilista. Negli Stati Uniti, non c’è un pensiero univoco sul sostegno alla causa ucraina, posto il fatto che in buona parte degli americani prevale un’esigenza “isolazionista” in termini geopolitici. E ancora, sul lato più vicino a Mosca, Polonia e Baltici vivono nell’eterna paura di essere la prossima Kiev. Ciascuno Stato ha la propria agenda politica, fatta di differenze, conflitti e tutela degli interessi nazionali. E il vertice di Vilnius ne ha dato l’ennesima prova.

Matteo Milanesi, 13 luglio 2023

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