Dopo il summit di Bruxelles, il giochino (di società) dei miei colleghi delle élite è stato quello di stabilire chi avesse vinto e chi avesse perso. Ovviamente la fazione maggioritaria delle élite nostrane, oggi al potere (finora sdraiata a mò di tappettino su Emmanuel Macron), sostiene che hanno perso i “populisti”, personalizzandoli nella loro bestia nera, Matteo Salvini.
Apro una parentesi. Mi permetto di informarli che uno scontro “élite-populisti” si verifica solo una volta ogni 5 anni e avviene esclusivamente nelle urne. I cittadini hanno finalmente capito che la scheda elettorale può essere forcone o carezza, l’importante è votare secondo scienza e coscienza, come vuole il suffragio universale. È il momento più alto di libertà che ci è concesso. Quello del 4 marzo scorso ha dato questo esito: “populisti” 55%, “élite” 2,55%. Il giorno dopo le elezioni gli scontri politici, almeno in Occidente, avvengono sempre e solo fra élite. Chiusa parentesi.
Del summit i vincitori sono stati due: Donald Trump e Vladimir Putin. Questi hanno avuto conferma che esiste una sola Europa, quella vecchia, quella delle Nazioni, il resto erano (sono) solo chiacchiere e sogni di burocrati senza futuro.
Angela Merkel, nel disastro della sua leadership crepuscolare (sarebbe stata cosa buona e giusta ritirarsi dopo il terzo mandato, ma lei non è una statista ma una semplice politicante) non avrà vinto, ma può essere soddisfatta: ha salvato la pelle. Non ha vinto Emmanuel Macron, nel senso che il suo piano, punitivo verso Italia, Spagna, Grecia, è fallito, e si è giocato definitivamente il suo rapporto con Giuseppe Conte (dopo l’uso del termine “lebbra”, Macron ha il disprezzo del 97,5% degli italiani, dato raro per un paese tollerante come il nostro).
Conte ha perso su Dublino ma ha vinto su un punto strategico per eccellenza, almeno per noi: ottenere quantomeno il silenzio-assenso su una forma di blocco navale, più di prassi che di norma. Questo ci sarà, purché non si osi pronunciare l’oscena parola. Anzi, c’è già.
Matteo Salvini e Danilo Toninelli, oggi d’intesa con Malta, lo stanno già praticando. Nel momento in cui le Ong acquatiche non possono più attraccare ai porti dei due paesi, neppure per i rifornimenti, e che ogni volta in cui i singoli capitani chiamano Roma o La Valletta, si sentono (si sentiranno) rispondere di rivolgersi alla Guardia costiera libica (rafforzata con nuove navi) e collaborare con loro, il giochino degli amici del tanto vituperato George Soros parrebbe finito lì. Vedremo cosa si inventerà costui. (Una curiosità: Soros esiste sul serio? O è un Avatar-minaccia?)
L’opinione pubblica italiana continuerà ad essere con Conte? Vedremo. La modifica di Dublino? Ricordiamo che Dublino tratta numeri piccoli, è riferito solo ai rifugiati, cioè il 7% del totale. Poi ci sono i 500 mila da espellere dall’Italia, ma questa è un’altra partita, da secondo tempo, probabilmente da supplementari.
Per il governo Conte era importante superare questo Capo di Buona Speranza, lui sa che il tempo gioca a suo favore, gli attuali equilibri politici sono destinati tutti a saltare, i Commissari, Juncker in testa, sono morti che camminano. Come andranno le elezioni della prossima primavera in Europa nessuno lo sa. Cosa succederà se Socialisti e Popolari non dovessero avere più la maggioranza? L’attuale castello di potere si frantumerà? I Popolari, pur di governare, si alleeranno con i “Populisti”? E se fossero la stessa cosa? Viktor Orban è, ricordiamolo, un leader del PPE.
Una cosa è certa: i nodi arriveranno via via al pettine, ergo ne vedremo delle belle. Come dice spesso il mio amico Mario Sechi: “questi sono tempi interessanti, forse troppo”. Comunque io me li godo, con voluttà: vanno nella direzione giusta.
Riccardo Ruggeri, 30 giugno 2018