La morte del divulgatore scientifico

Vi dico dove sbagliava Piero Angela

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Da un punto di vista formale, Piero Angela è stato sicuramente un grande giornalista: sapeva farsi capire da tutti, usava un linguaggio diretto e semplice, aveva un fare gentile, era scrupoloso nel mestiere e nulla concedeva al dilettantismo e all’improvvisazione. Aveva trovato la sua strada, a un certo punto della carriera, nella divulgazione della scienza, e la fortuna gli aveva sorriso oltre forse ogni sua più rosea aspettativa.

Un brand di sicuro successo il suo, con un target ampio di riferimento, facilmente trasmesso, come in quelle imprese familiari che sono la cifra del capitalismo italiano, al figlio che oggi ne continua l’opera. Che poi tutto questo abbia significato che le sue idee siano state scientificamente neutrali o innocenti, asettiche e pure come può esserlo la scienza nell’immaginario comune, questo proprio non lo si può dire. Angela era anche uno straordinario missionario della sua Chiesa, il teologo della sua religione. Era, fuor di perifrasi, il cultore e il promotore di una ideologia e di una visione del mondo ben precisa, che a suo modo non tollera dubbi se non all’interno di un rigido e nettamente delineato perimetro. Fuori di esso ci sono gli eretici, chi si attarda in vecchie superstizioni e miti che infallibilmente e inesorabilmente saranno sconfitti dal trionfo della Ragione.

Da giornalista a propagandista, da divulgatore a uomo impegnato in una missione, il passo è stato breve. Qui non si pretende certo che Angela avesse studiato le epistemologie novecentesche e che, forte delle complesse acquisizioni conquistate riflettendo sul principio di indeterminazione oppure sulle geometrie non euclidee, sulla fisica quantistica o l’anarchismo epistemologico dei post-popperiani, concepisse infine l’idea di somministrarle al suo vasto e affezionato pubblico. Ma da qui a farsi missionario e teologo, quale in effetti è stato, di una nuova religione chiamata Scienza, concepita nel suo senso più positivo, anzi positivista, e banale, ce ne corre. Eppure, questa strada, la più semplice e quella di più facile successo, Piero Angela l’ha percorsa tutta.

E perché questa strada è anche quella che fa da supporto ai nostri tempi, che ne costituisce per così dire il sapere di sfondo o l’ideologia dominante, soprattutto nel versante progressista, Angela è stato anche un insuperabile cantore della nostra epoca, piena di miti quanto e più delle altre ma convinta in cuor suo di non possederne alcuno. Gira in queste ore in rete e sui siti l’intervento che Angela fece in quel palcoscenico dell’autocompiacimento e del conformismo epocale che è in Italia la trasmissione di Fabio Fazio. Il quale non poté farsi sfuggire in quell’occasione l’opportunità di fare una domanda sull’omosessualità per strizzare l’occhio alle culture di genere e delle diversità avvalorandone le tesi con i crismi della scientificità. Piero Angela non si sottrasse e disse che l’omosessualità è del tutto “naturale”. Il che, pur dando l’impressione di scolpire nella pietra ciò che è ritenuto giusto o opportuno, finiva per dire una ovvietà e dimostrare l’ambiguità del termine “natura” che significa tutto e niente allo stesso tempo.

Qualcosa invece significa il “naturalismo”, cioè l’idea di fondo, tipicamente moderna, che Angela abbracciava toto corde, che non ci sia un salto fra l’uomo e gli altri enti del creato, animati e inanimati. E che nulla ci sia di trascendente rispetto alla natura e all’uomo. Il che può ben concedersi dalla prospettiva, molto parziale è limitata, del biologismo, ma che, nel momento in cui si pone come un assoluto, si trasforma in una metafisica bella e buona, facilmente smontabile sol che ci si chieda chi è l’ente che pone la questione dell’essere e quindi apre l’orizzonte di senso in cui può darsi anche ciò che chiamiamo “natura”.

Di fronte alla morte, Angela, che era un ateo piuttosto che un agnostico come pure è stato in queste ore detto, civettando aveva detto che sarebbe stata nulla più che una “scocciatura”. Noi gli auguriamo invece con tutto il cuore che sia stata per lui l’apertura di un diverso e più profondo universo di comprensione. Gloria e riconoscenza al grande giornalista scomparso, ma mettiamo a tacere tutti colo che in queste ore si apprestano a erigergli un monumento esaltandone l’attività in modo banale e acritico.

Corrado Ocone, 14 agosto 2022

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