C’è una cosa che non si capisce in questo dibattito sulla guerra in Ucraina, ove sembra vi siano due scuole di pensiero. Quella di chi sostiene che è doveroso aiutare militarmente la resistenza ucraina contro l’invasore (Mario Draghi: «Non possiamo voltarci dall’altra parte»). E quella di chi è critico con l’intervento esterno a favore dell’aggredito (Papa Francesco: «Pazzi, pazzi, pazzi»). Queste due opposte posizioni condividono però la comune convinzione che Putin è l’aggressore e l’Ucraina l’aggredita.
Nel seguito voglio assecondare questa comune convinzione, anche se, devo dire, non sembra così evidente. E – questo mi consola – non è evidente a più di mezzo mondo, che non s’è dichiarato contro la Russia. Voglio dire che non si può dismettere a cuor leggero la possibilità che l’aggressore sia stato costretto ad aggredire. Questa, naturalmente, è la posizione di Putin ma non voglio qui parlarne, anche perché vi ho già accennato in altri articoli: il grande errore che si sta commettendo in tutto questo gran parlare è di far partire l’orologio dal febbraio 2022, anziché da quello del 2014.
Quindi, concediamo per un attimo che, effettivamente, la Russia sia l’aggressore e l’Ucraina la vittima. Le due posizioni contrapposte riguardano se inviare armi all’Ucraina oppure no. La prima posizione sottende, naturalmente, che è giusto e doveroso che l’Ucraina combatta l’invasore. Fin qui è facile. E la seconda posizione? A me sembra che chi ha la seconda posizione non può non concludere che l’Ucraina dovrebbe desistere dal combattere l’invasore e arrendersi. Contrariamente – cioè farla combattere con le sole proprie forze – equivarrebbe ad una carneficina nel campo ucraino, interrotta sola dalla resa. Con gli aiuti, la carneficina è più vasta ma, a quanto pare, chi invia armi coltiva la speranza che una resistenza, continuamente alimentata, possa indurre l’invasore a desistere. Allora, a mio modo di vedere, chi è non-interventista gioco forza dovrebbe sostenere esplicitamente la resa dell’aggredito.
Personalmente, e fin dal primo giorno, auspicavo questa resa anche se fosse riconosciuta la prepotenza russa. Il ragionamento che nella mia semplicità seguivo è questo: se sono con mia figlia e un energumeno ci aggredisce con la chiara volontà di far del male a mia figlia, io combatto anche fino alla morte; ma se l’energumeno vuole soltanto il mio portafogli io neanche discuto e glie lo dò. Da quel che ci è dato sapere, le pretese di Putin prima che aggredisse sembravano essere, per rimanere in metafora, più vicine al portafogli e ben lontane dal voler nuocere a mia figlia.
In aggiunta, russi e ucraini si trovano in una situazione in teoria ben più felice che non quella della metafora di me, mia figlia, l’energumeno e il portafogli: v’è una comunità internazionale. Questa, rimanendo in metafora, avrebbe avuto il dovere di valutare se il portafogli preteso da Putin fosse una prepotente ruberia bella e buona o se la pretesa avesse un fondo di legittimità. Quest’ultima cosa, naturalmente, è ciò che Putin sostiene. Tuttavia, se la stessa comunità internazionale che invia armi e lancia gli strali delle sanzioni fosse stata responsabile e lungimirante, avrebbe forse fatto meglio ad “accompagnare” la resa ucraina facendosi anche giudice delle pretese di Putin: esse sono, sì, il portafogli di prima, ma è, questo portafogli, illegittimamente nelle mani degli ucraini, come Putin sostiene? Peccato che, invece, la comunità occidentale abbia deciso di far più danni che altro.
Ho digitato su Google le parole «arrendersi, ucraina» e in proposito ho trovato pochi sostenitori della resa. V’è, sì, un sondaggio secondo cui il 40% degli italiani la vedono come la via da perseguire – e, tra questi, particolarmente sagge mi son sembrate le argomentazioni di Piero Sansonetti – ma altrimenti quella della resa è un’opzione poco esplicitamente presa in considerazione. Neanche da Papa Francesco: Egli ha sì definito “pazzi” quelli che inviano armi in Ucraina, ha sì invocato la cessazione delle ostilità, ma non mi pare abbia esplicitamente invocato la resa dell’Ucraina.
L’obiezione che solitamente si fa è: e perché non pretendere che sia la Russia a fermarsi anziché l’Ucraina ad arrendersi? La risposta all’obiezione è: se si vuol essere pragmatici e interrompere la carneficina, chiedere all’aggressore di smettere di aggredire senza prima dargli quel che egli pretende è, di tutta evidenza, una speculazione metafisica e un esercizio senza speranza, perché altrimenti l’aggressore non avrebbe aggredito fin dall’inizio, no?
Franco Battaglia, 23 aprile 2022