Vi smonto pezzo per pezzo il monologo di Scurati

Inesattezze e propaganda, il testo dello scrittore non meritava di andare in onda

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Scurati

Francamente, me ne infischio, dice Rhett Butler, alias Clark Gable, alla fine del colossal cinematografico Via col vento. Ed è esattamente ciò che ho pensato leggendo il monologo mai andato in onda di Antonio Scurati.

Si tratta di un indigeribile condensato di propaganda politica in salsa pseudo storica che contiene due elementi che qualunque serio direttore di un giornale o di una testata televisiva, a prescindere dal suo orientamento politico, avrebbe faticato non poco a pubblicare o a trasmettere.

In primis, nel breve commento si fa passare l’idea di un regime fascista sanguinario, “un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista.” Un’espressione che contrasta con il parere di alcuni storici autorevoli e di molti testimoni diretti, con cui in passato ebbi la fortuna di parlare, i quali hanno raccontato tutta un’altra storia. Ricordo a questo proposito che la mia insegnante di lettere delle medie, che fece parte di un gruppo di partigiani a Roma, disse spesso che prima della guerra il fascismo si caratterizzava come una dittatura all’acqua di rose. Tant’è che i politici dissidenti durante il ventennio venivano mandati al confino, tra cui il compianto Sandro Pertini, in alcune nostre ben note e amene isolette (Pantelleria, Ustica, Ventotene, Ponza etc). Non credo che i milioni di cittadini sovietici, finiti nei gulag e nei terrificanti campi di lavoro durante lo stalinismo, godessero di una tal, incommensurabile disgrazia.

Inoltre, come rovescio della medaglia dello spietato regime fascista, lo scrittore napoletano sembra essersi completamente dimenticato che ancora a guerra inoltrata il fascismo vantava un enorme consenso tra gli italiani, seppur si fosse macchiato di una grave crimine democratico, avendo messo fuori legge, al pari dei sistemi comunisti, ogni altra forza politica. Un crimine che, tuttavia, fu realizzato con il consenso della monarchia, di buona parte delle forze armate e di significativi settori della società italiana.

In secondo luogo, nell’intervento di Scurati si nota con grande evidenza il tentativo di attribuire alla premier Meloni e al suo partito, Fratelli d’Italia, una indistruttibile vena nostalgica nei riguardi dello stesso fascismo, inducendo chi legge e chi ascolta a ritenere che costoro non abbiano affatto reciso i legami con un passato morto e sepolto.

In questo senso Scurati, che sembra un maestro della più ottusa propaganda, arriva a sostenere che la destra al governo avrebbe scelto di “riscrivere la storia”.

In realtà, la qual cosa vale anche per gli eredi di quello che fu il più grande partito comunista dell’Occidente, mi sembra piuttosto comprensibile che gli esponenti della stessa destra di governo glissino sul tema strumentale dell’antifascismo, usato dalla sinistra come una clava per omologare i suoi avversari politici, conducendoli sul campo minato della loro propaganda.

D’altro canto, nei grandi partiti vi sono sensibilità diverse con cui fare i conti. E così come a sinistra vi sono molte componenti radicali che, nonostante il suo tragico fallimento, ancora credono ai miti del comunismo, a destra ci sono gruppi di persone che ritengono, a mio avviso con qualche fondamento, il 25 aprile una festa di parte, visto che in quei tragici momenti era in atto una vera e propria, seppur limitata nei numeri, guerra civile. Ed è quindi normale che nessuno, né a sinistra e né a destra, voglia perdere il pur limitato consenso di queste componenti più estreme.

Personalmente non ho mai avuto nulla a che vedere con il fascismo sul piano ideologico, al pari di altri totalitarismi assai più sanguinari. Tuttavia, l’errore imperdonabile commesso da Mussolini fu quello di entrare in una guerra insensata e con un apparato militare antidiluviano. Se egli avesse seguito l’esempio del falangista Francisco Franco, è assai probabile che oggi racconteremo tutta un’altra storia.

Invece ancora una volta ci troviamo a discutere di realtà e di fantasia, con da una parte il ritorno di un sistema democratico grazie all’impegno e al sacrificio delle truppe Alleate e dell’altra il mito di una liberazione dal nazifascismo realizzata attraverso il concorso decisivo di qualche decina migliaia di partigiani, molti dei quali di chiara fede comunista. Una fede che, è doveroso ricordare, in quel frangente considerava Stalin l’unico profeta del nuovo corso mondiale.

Claudio Romiti, 28 aprile 2024

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