Commenti all'articolo Vi spiego che significa essere imprenditori in Italia
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24 Commenti
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stefano
5 Settembre 2020, 12:20 12:20
Chi continua a fare impresa qui, ancora peggio chi inizia a fare impresa qui da zero il motivo uno solo:non ha tutte le rotelle in ordine.
Mobius
3 Settembre 2020, 12:33 12:33
Coloro che rinfacciano agli imprenditori la loro ricchezza, dimenticano un piccolo particolare: anch’essi sono liberi di fare gli imprenditori.Troppo difficile e complicato. troppo rischioso e faticoso? Benissimo, si trovino un altro lavoro e lascino operare in santa pace chi si sente di affrontare l’impresa. Il problema grosso è che viviamo in uno Stato rackettaro. “Ah, tu vuoi lavorare? vuoi arricchire, eh? Bene bene, adesso ci pensiamo noi ad inquadrarti come si deve, a dirti come devi regolarti, e guai a te se sgarri di una virgola”. Questo Stato comunista, che finge di non esserlo, tratta gli imprenditori come “carne da produzione”; con la scusa di sottrarre la classe operaia al bieco sfruttamento capitalista, sottopone a tale sfruttamento i datori di lavoro. Non mi pare proprio che in Italia vi sia libertà d’impresa; l’unica libertà, condizionata, è quella concessa al capitalismo assistito dalla politica politicante. Assistito coi soldi dei veri imprenditori.
Il Corsaro Rosso
3 Settembre 2020, 9:30 9:30
Sostenere l’impresa significa sostenere l’Italia. A patto che sia ben chiara la distinzione tra gli interessi dell’ imprenditore e quelli dell’ impresa, perché nel concetto di impresa sono compresi anche altri fattori come i diritti dei lavoratori, dei consumatori o utenti, le esigenze ambientali, la sostenibilità ecc. L’impresa è tutto questo e non soltanto un “eroe” che si sveglia la mattina per creare beneficenza e portare benesse al prossimo senza pensare al suo. E mi stupisce, senza citare Machiavelli, che un imprenditore che opera sul campo tra mille difficoltà possa presentare una visione così edulcorata del fare azienda. In realtà gli imprenditori offrono un salario in cambio di forza lavoro e quindi solo indirettamente creano occupazione, che è soltanto strumentale al raggiungimento del loro obiettivo che è il profitto e la crescita della loro attività. Fare profitto significa accumulare quattrini per migliorare il tenore di vita, per accedere a servizi migliori e prodotti di qualità, tutte aspirazioni ovviamente legittime. Si può fare imprenditoria con umanità, paternalisticamente, concedendo qualcosina in più ai propri dipendenti oppure, ancora oggi, trattarli come servi da usare e gettare quando non servono più (con qualche rammarico) I bravi imprenditori, sfruttando soprattutto questi meccanismi, diventano ricchi e continuano ad assicurare anche ai propri dipendenti la possibilità di vivere. Tutti gli altri, quelli che falliscono per “colpa” dello… Leggi il resto »
Cristiano
3 Settembre 2020, 7:55 7:55
Condivisibile ogni singola parola.
Tullio Pascoli
3 Settembre 2020, 0:43 0:43
In un Paese come il nostro, dove il potere pubblico – ossia lo Stato che scriviamo con la maiuscola – è qualcosa di sacro, alla maggioranza dei cittadini è stato insegnato che colui che si dedica all’iniziativa privata lo faccia unicamente per denaro – lo sterco del demonio come direbbe questo papa “portegno”. Invece, lo fa per realizzarsi nell’ampio senso del termine… Troppi ormai sono convinti che coloro che hanno di più è perché altri hanno di meno; è la solita leggenda socialista, secondo la quale la ricchezza sarebbe come una torta, per cui chi ha più fette od ha fette più grandi è perché altri non hanno fette o quelle che hanno sono più piccole. In pratica, secondo tale criterio, la ricchezza sarebbe qualcosa di finito; invece, è il concetto più equivoco che si possa sostenere. Infatti, il patrimonio più prezioso nella nostra esistenza, non sono le limitate risorse naturali, ma quello che chiamiamo il “capitale umano”, ossia, l’intelligenza correttamente applicata; la capacità, l’intraprendenza, l’intuizione, il coraggio oltre a tante altre condizioni dove non manca nemmeno la circostanza, ovvero, quello che l’autore libanese Nassim Nichol Taleb ha descritto nel suo eloquente CIGNO NERO: il caso ed anche la fortuna, quando c’è. Sono, dunque, gli individui con il loro particolare capitale umano che trasformano idee in azioni, aggiungendo valore a… Leggi il resto »
Danilo Casadei
2 Settembre 2020, 23:34 23:34
Trovo l’analisi dell’amico Giordano molto lucida e veritiera. Da imprenditore di seconda generazione (anche se a volte mi sento di prima generazione fra crisi del 2008 e attuale Covid) ritengo che oggi fare impresa sia difficilissimo. Già la parola ‘impresa’ la dice lunga è un impresa fare impresa e scusate il gioco di parole. Di una cosa però sono certo…..mai come oggi l’imprenditore e i suoi collaboratori sono stati così vicini. Solo uniti si potrà vincere ed uscire da questo momento storico così difficile che troveremo un giorno nei libri di storia.
Saluti a tutti
Danilo Casadei
Chi continua a fare impresa qui, ancora peggio chi inizia a fare impresa qui da zero il motivo uno solo:non ha tutte le rotelle in ordine.
Coloro che rinfacciano agli imprenditori la loro ricchezza, dimenticano un piccolo particolare: anch’essi sono liberi di fare gli imprenditori.Troppo difficile e complicato. troppo rischioso e faticoso? Benissimo, si trovino un altro lavoro e lascino operare in santa pace chi si sente di affrontare l’impresa. Il problema grosso è che viviamo in uno Stato rackettaro. “Ah, tu vuoi lavorare? vuoi arricchire, eh? Bene bene, adesso ci pensiamo noi ad inquadrarti come si deve, a dirti come devi regolarti, e guai a te se sgarri di una virgola”. Questo Stato comunista, che finge di non esserlo, tratta gli imprenditori come “carne da produzione”; con la scusa di sottrarre la classe operaia al bieco sfruttamento capitalista, sottopone a tale sfruttamento i datori di lavoro. Non mi pare proprio che in Italia vi sia libertà d’impresa; l’unica libertà, condizionata, è quella concessa al capitalismo assistito dalla politica politicante. Assistito coi soldi dei veri imprenditori.
Sostenere l’impresa significa sostenere l’Italia. A patto che sia ben chiara la distinzione tra gli interessi dell’ imprenditore e quelli dell’ impresa, perché nel concetto di impresa sono compresi anche altri fattori come i diritti dei lavoratori, dei consumatori o utenti, le esigenze ambientali, la sostenibilità ecc. L’impresa è tutto questo e non soltanto un “eroe” che si sveglia la mattina per creare beneficenza e portare benesse al prossimo senza pensare al suo. E mi stupisce, senza citare Machiavelli, che un imprenditore che opera sul campo tra mille difficoltà possa presentare una visione così edulcorata del fare azienda. In realtà gli imprenditori offrono un salario in cambio di forza lavoro e quindi solo indirettamente creano occupazione, che è soltanto strumentale al raggiungimento del loro obiettivo che è il profitto e la crescita della loro attività. Fare profitto significa accumulare quattrini per migliorare il tenore di vita, per accedere a servizi migliori e prodotti di qualità, tutte aspirazioni ovviamente legittime. Si può fare imprenditoria con umanità, paternalisticamente, concedendo qualcosina in più ai propri dipendenti oppure, ancora oggi, trattarli come servi da usare e gettare quando non servono più (con qualche rammarico) I bravi imprenditori, sfruttando soprattutto questi meccanismi, diventano ricchi e continuano ad assicurare anche ai propri dipendenti la possibilità di vivere. Tutti gli altri, quelli che falliscono per “colpa” dello… Leggi il resto »
Condivisibile ogni singola parola.
In un Paese come il nostro, dove il potere pubblico – ossia lo Stato che scriviamo con la maiuscola – è qualcosa di sacro, alla maggioranza dei cittadini è stato insegnato che colui che si dedica all’iniziativa privata lo faccia unicamente per denaro – lo sterco del demonio come direbbe questo papa “portegno”. Invece, lo fa per realizzarsi nell’ampio senso del termine… Troppi ormai sono convinti che coloro che hanno di più è perché altri hanno di meno; è la solita leggenda socialista, secondo la quale la ricchezza sarebbe come una torta, per cui chi ha più fette od ha fette più grandi è perché altri non hanno fette o quelle che hanno sono più piccole. In pratica, secondo tale criterio, la ricchezza sarebbe qualcosa di finito; invece, è il concetto più equivoco che si possa sostenere. Infatti, il patrimonio più prezioso nella nostra esistenza, non sono le limitate risorse naturali, ma quello che chiamiamo il “capitale umano”, ossia, l’intelligenza correttamente applicata; la capacità, l’intraprendenza, l’intuizione, il coraggio oltre a tante altre condizioni dove non manca nemmeno la circostanza, ovvero, quello che l’autore libanese Nassim Nichol Taleb ha descritto nel suo eloquente CIGNO NERO: il caso ed anche la fortuna, quando c’è. Sono, dunque, gli individui con il loro particolare capitale umano che trasformano idee in azioni, aggiungendo valore a… Leggi il resto »
Trovo l’analisi dell’amico Giordano molto lucida e veritiera. Da imprenditore di seconda generazione (anche se a volte mi sento di prima generazione fra crisi del 2008 e attuale Covid) ritengo che oggi fare impresa sia difficilissimo. Già la parola ‘impresa’ la dice lunga è un impresa fare impresa e scusate il gioco di parole. Di una cosa però sono certo…..mai come oggi l’imprenditore e i suoi collaboratori sono stati così vicini. Solo uniti si potrà vincere ed uscire da questo momento storico così difficile che troveremo un giorno nei libri di storia.
Saluti a tutti
Danilo Casadei