È vero che le foreste posso compensare le emissioni di anidride carbonica? Leggendo un recente articolo scientifico, pubblicato sulla rivista Nature il 28 agosto 2024, il dubbio sorge spontaneo. Gli autori, sulla base dei dati satellitari, hanno stimato la quantità di carbonio (somma di anidride carbonica e ossido di carbonio, espressa come Teragrammi di carbonio (TgC)) emessa nell’atmosfera dagli estesi incendi boschivi che si sono verificati in Canada, da maggio a settembre 2023. Ebbene, a causa degli incendi, il Canada ha emesso nell’atmosfera una quantità di carbonio pari a circa 647 TgC, che è una quantità enorme, inferiore solo a quella emessa annualmente da paesi come India, Cina e Stati Uniti. La quantità, espressa in termini più familiari, equivale a circa 2.400 Megatonnellate (Mt) di anidride carbonica. Per avere un riferimento, l’Italia ha emesso 418 Mt di CO2 in tutto il 2022. C’è da aggiungere che l’incendio ha anche prodotto una quantità all’incirca equivalente di vapor acqueo, che ha un effetto rilevante sul clima (il dato stimato dal sottoscritto comprende l’acqua prodotta dalla combustione e quella contenuta negli alberi).
Naturalmente il primo ministro Trudeau ha incolpato il “cambiamento climatico” per gli incendi e ha esortato i canadesi a “imparare a convivere con il fuoco”. Tuttavia, è vero che il clima è stato insolitamente caldo e secco (ma non eccezionale) e che ha avuto un ruolo nella stagione degli incendi del 2023, ma la struttura governativa del Canada è scarsamente organizzata per gestire gli incendi su larga scala, e il primo ministro non è in gran parte riuscito a organizzare gli sforzi per gestire correttamente le foreste, rimuovendo, ad esempio, il sottobosco altamente infiammabile (ebbene sì, le foreste vanno mantenute dall’uomo). L’immagine “green” del Paese è comunque salva, perché le emissioni degli incendi non sono in genere incluse negli studi che documentano le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo in un determinato paese.
Siamo alle solite: forse sarebbe meglio utilizzare le risorse economiche per limitare i danni causati dall’inevitabile cambiamento climatico naturale, piuttosto che spenderle per velleitarie transizioni “green”. E arriviamo al punto: questi dati ci dovrebbero far riflettere sul business delle compensazioni di anidride carbonica (il carbon offsetting), che si basa, tra gli altri, anche su progetti di silvicoltura. Il carbon offsetting è un meccanismo che permette a organizzazioni e individui di compensare le proprie emissioni di CO2 attraverso il supporto a progetti certificati di riduzione delle emissioni, finalizzati ad assorbire o evitare la CO2. Questi progetti certificati alimentano un’enorme e lucroso business che, alla fine, paghiamo tutti noi consumatori.
Bene, e allora qual è il problema? Il problema è nella vulgata “green”, che assegna alla riforestazione la missione di salvare il mondo dalla CO2 (che è pur sempre il cibo della vita). Tuttavia, gli incendi delle foreste canadesi ci ricordano che gli alberi, come ogni essere vivente, nascono, crescono, si riproducono e muoiono. Chiarita questa ineluttabile verità, risulta evidente che un albero assorbe l’anidride carbonica dall’aria solo nella fase di crescita. Ma che cosa succede quando l’albero muore, come nel caso degli abeti rossi bruciati in Canada? Semplice, l’anidride carbonica, utilizzata dall’albero per produrre la massa legnosa, ritorna nell’atmosfera. Ne consegue che è vero che le foreste sottraggono all’atmosfera l’anidride carbonica, ma non la dissolvono nel nulla, la tengono “immobilizzata” temporaneamente, principalmente sotto forma di cellulosa e lignina. Quando la foresta raggiunge il suo equilibrio, anche la quantità di CO2 assorbita e rilasciata rimane in equilibrio.
Per spiegarla in termini semplici, una foresta non assorbe e non conserva in eterno l’anidride carbonica, ma solo finché non raggiunge la sua “maturità”; successivamente, la quantità di CO2 assorbita prima o poi sarà riemessa nell’atmosfera. Il rilascio può avvenire in tempi brevissimi, ad esempio a causa di incendi (come nel caso delle foreste canadesi), o quando l’albero muore, dopo aver concluso il suo ciclo vitale. Poi, grazie alla capacità cellulosolitica di funghi e batteri, la CO2 è reimmessa nell’atmosfera, consentendo così il mantenimento della vita sul nostro pianeta. Quindi, è bellissimo piantare alberi, rendono l’ambiente in cui viviamo più piacevole, favoriscono la biodiversità, rinfrescano l’ambiente (a proposito di quest’ultimo aspetto, siamo sicuri che sostituire un bel prato verde con dei pannelli solari neri sia una buona idea?), ecc…, ma non hanno la capacità di far “sparire” l’anidride carbonica dall’atmosfera (e meno male). Semplicemente la immobilizzano finché campano, come del resto fanno tutti gli esseri viventi.
Carlo Mackay, 3 settembre 2024
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