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Via Conte, dentro tutti per salvare l’Italia dal caos

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Responsabilità. È questa la parola magica da pronunciare, la chiave per uscire dalla crisi profonda in cui è piombato il nostro Paese. Una crisi sanitaria aggravata e male amministrata dalla politica, ma anche economica, sociale, morale (si pensi al “disastro formativo” che tocca in sorte ad un’intera generazione di studenti). Una crisi paragonabile, a mio avviso, a quella che ci toccò in sorte dopo l’8 settembre, con una classe dirigente, allora come oggi, allo sbando e un Paese in ginocchio. Certo, oggi abbiamo ancora qualche risparmio privato che ci viene dalla passata stagione, e che fa gola a uno Stato famelico e in bancarotta, ma il trend, come si dice, non lascia molto spazio a speranze.

Responsabilità è l’elemento che manca drammaticamente al nostro governo, raccogliticcio e frutto di una mera manovra di palazzo. Un governo ir-responsabile perché senza legittimità politica, quindi teso solo a conservarsi: attraverso la propaganda (e quindi l’incapacità di dire parole di verità al popolo sovrano che è invece trattato come un infante o un demente); e attraverso lo scaricabarile, se le cose vanno male o semplicemente si tratta di prendere una decisione. Che è poi la situazione di queste ore.

È chiaro che il lockdown totale sarebbe un’ammissione di fallimento per Conte, e gli italiani non lo sopporterebbero questa volta, e né lo capirebbero, facendo di lui probabilmente il capro espiatorio di una débâcle collettiva, intendo dell’intero governo e delle forze che l’hanno voluto. I sondaggi parlano chiaro, così come le proteste sociali ormai diffuse. E l’àncora europea, nonostante la pompante retorica, mostra di essere meno solida di come ce l’avevano presentata e di potersi spezzare da un momento all’altro lasciando la scialuppa Italia in preda alle travolgenti onde del mare. Da qui l’impasse, le divisioni, l’indecisione e l’immobilità del governo.

E suona veramente patetico l’appello alla responsabilità e alla collaborazione rivolto alle forze dell’opposizione dopo che per mesi le si è prese in giro. Certo, se siamo all’8 settembre, la soluzione del governo di unità nazionale è la più plausibile. Ma perché far finta di non capire cosa essa veramente significhi? Perché voci autorevoli come quella di Antonio Polito sul Corriere della sera, o degli stessi leader dell’opposizione, la interpretano in un senso light, cioè appunto come generico “coinvolgimento”? Per intanto, non è il governo o la maggioranza che deve chiamare a collaborare, ma deve essere il Presidente della Repubblica che, preso atto dell’insostenibilità della situazione, azzera tutto e crea un governo ex novo, con tutti dentro o con l’appoggio di tutti, in modo che la responsabilità sia veramente condivisa E poi a guidarlo non può essere certo ancora una persona divisiva quale è Conte.

Il governo di CLN era questo, non altro, e gli stessi comunisti andarono allora ad occupare dicasteri importanti e contribuirono a modo loro alla ricostruzione del Paese. E furono estromessi, come per nostra fortuna avvenne, solo quando si crearono, nel 1948, le condizioni politiche (e geopolitiche) per la ripresa di una normale dialettica politica.

Corrado Ocone, 1° novembre 2020