Era il 2019, quando il governo giallorosso decise di entrare nella rete infrastrutturale globale della Via della Seta, unico Paese del G7 a subentrare nell’iniziativa cinese di fitta rete di collegamenti economici e geopolitici a livello mondiale. Ma ora la situazione pare essere cambiata. Dopo aver ridefinito un posizionamento fortemente atlantico, e dopo la recente visita alla Casa Bianca della premier Giorgia Meloni, l’esecutivo italiano starebbe pensando di uscire dalla Via della Seta.
Quanto vale la Via della Seta
Una scelta che, ovviamente, non esenta il nostro Paese da potenziali ripercussioni da parte della Cina, che potrebbe far valere la propria forza sotto il profilo dei numerosi legami commerciali che vincolano l’Italia alla dittatura di Xi Jinping. Un esempio, però, potrebbe essere il modello attuato dagli altri Stati europei, come Germania, Francia e Regno Unito, che negli anni hanno sottoscritto numerosi rapporti commerciali con la Cina, senza però mai firmare il memorandum sulla Nuova Via della Seta.
Sotto questo profilo, una politica analoga a quella intrapresa dagli altri Stati del Vecchio Continente potrebbe soddisfare Xi Jinping, che manterrebbe una forte presa economica e commerciale sul Bel Paese, sacrificando il lato geopolitico. In tale ambito, però, è l’accordo stipulato dall’esecutivo di Conte che rischia di legare le mani di Giorgia Meloni. Quest’ultimo, infatti, comprende 29 accordi, di cui 10 fra aziende private italiane e cinesi, mentre i restanti 19 istituzionali. Il valore complessivo è stimato a circa 7 miliardi di euro e riguarda numerosi tessuti produttivi, tra cui trasporti, energia, impianti siderurgici, credito, cantieri navali, passando anche per la meccanica, la farmaceutica, il mondo del tessile e della moda. Insomma, un accordo che riguarda direttamente imprese italiane private, che evidentemente verrebbero fortemente compromesse.
La scelta del governo
Nonostante tutto, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, vuole tirare diritto: “L’Italia intende uscire dal memorandum sulla Via della Seta, ma senza rovinare i rapporti con la Cina. La scelta di aderirvi fu un atto improvvisato e scellerato, fatto dal governo di Giuseppe Conte”. E ancora: “È vero che la Cina è un competitor, ma è anche un partner: non a caso la premier ha annunciato, e proprio dagli Usa, che andrà a Pechino”. Insomma, uno schiaffo in termini geopolitici al colosso cinese, cercando però di mantenere una posizione diplomatica, fondata sul tentativo di instaurare appunto un modello alla tedesca, francese o britannica.
Per approfondire:
- Liberiamoci da “Via della Seta” e Patto di Stabilità Ue. Parla Giulio Sapelli
- Nuova Via della Seta: ecco perché l’Italia sottovaluta implicazioni geopolitiche e rischi economici
Le dichiarazioni, guarda caso, sono coincise temporalmente con le affermazioni del portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americano, John Kirby, che – rispondendo poche ore fa alla domanda di un giornalista . ha chiaramente espresso come sia l’Italia “decidere se uscire dagli accordi con la Cina e quando”. Una posizione di neutralità. Forse solo apparente. Ora, però, Palazzo Chigi sembra aver preso la decisione definitva.