Via “genitore 1” e “genitore 2”, la mossa del governo per mamma e papà

L’esecutivo torna all’attacco della dicitura “genitore 1″ e “genitore 2” sulle carte d’identità

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Vietato mollare, vietato cedere: opporre il buonsenso all’integralismo arcobaleno. Il governo guidato da Giorgia Meloni è tornato all’attacco della dicitura “genitore 1” e “genitore 2” tanto caro alla galassia Lgbt e a chi vuole cancellare la famiglia tradizionale: danneggiare la stragrande maggioranza per le pretese di una minoranza. Il Consiglio dei ministri, alla luce di una informativa svolta dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha deciso di dare mandato all’Avvocatura dello Stato ai fini del ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 24 gennaio 2024, che aveva bocciato un decreto del 2019 dell’allora ministro dell’Interno Salvini, decretando di fatto la cancellazione per legge di “padre” e “madre”.

L’intervento di Salvini mirava a ripristinare il ritorno sulle carte d’identità dei minori della dicitura “padre” e “madre” anche in caso di figli di coppie gay. Da qui le rimostranze degli esponenti arcobaleno: in una coppia composta da due donne, una delle due madri avrebbe dovuto firmare nella casella “padre”. Inaccettabile secondo qualche solone talebano, ma evidentemente anche secondo qualche giudice, considerando che il decreto è stato bocciato poiché sulla carta d’identità di un minore non è possibile riportare dati diversi da quelli dei registri di anagrafe. Tutto è partito dalla denuncia di una coppia di donne che aveva impugnato il testo Salvini anche davanti al Tar, invocando l’emissione di un documento d’identità con la reale composizione della famiglia. Richiesta accolta in primo grado: decreto illegittimo.

Ma non solo. Nel provvedimento, il giudice affermava che “proprio l’esistenza di istituti come l’adozione in casi particolari, che può dar luogo alla presenza di due genitori dello stesso sesso (l’uno naturale, l’altro adottivo) dimostra che le diciture previste dai modelli ministeriali (padre/madre) non sono rappresentative di tutte le legittime conformazioni dei nuclei familiari e della conseguente filiazione imposte dai modelli ministeriali”. Teoria tutt’altro che condivisa dal governo, con il titolare del Viminale che ha deciso di impugnare la sentenza e di tentare di ristabilire il buonsenso.

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Sia chiaro: ognuno è libero di fare ciò che vuole con la propria vita sentimentale. Ma cancellare le parole “padre” e “madre” è da fiera dell’assurdo, una scelta fuori da ogni logica. E occhio a non cadere nella trappola degli iper-progressisti, pronti a tutto pur di convincervi che le controfigure fluide rappresentano il progresso. “Padre” e “madre” rappresentano la vita, da sempre, con buona pace dei trend artificiali. Non può essere un giudice a imporre formule obbrobriose, farlocche, prive di vitalità, se non per quei pochi interessati, che in più di un’occasione hanno dimostrato di pensare di poter imporre il loro credo. Tanto basta tirare fuori la storiella dell’omofobia, qualcuno a sinistra è sempre disposto a venirti incontro…

 

 

Massimo Balsamo, 9 aprile 2024

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