Mentre si avvicina a grandi passi il primo maggio, giorno in cui ci è stata promessa l’abolizione dell’obbligo delle mascherine al chiuso, prosegue una sorta di partita di poker tra il governo e la paura degli italiani. Così come è già avvenuto per altre demenziali restrizioni, anche sulle mascherine al chiuso gli artefici di un infinito terrore, al tavolo della agognata libertà, sembrano ancora una volta nascondere le loro vere intenzioni dietro il più classico dei bluff.
Tanto è vero che le ultime dichiarazioni in merito provenienti dal ministero della Salute, in stile doccia scozzese, non sembrano promettere nulla di buono per gli aperturisti di questo disgraziato Paese. Il sottosegretario Andrea Costa, teoricamente appartenente all’area liberale, intervistato da Rainews24, ha offerto un vero e proprio saggio di politica gattopardesca. “Credo che gli italiani in questi 2 anni abbiano una consapevolezza diversa. Sono convinto che passare da un obbligo di mascherina al chiuso a una raccomandazione possa essere la scelta giusta, magari mantenendole in alcuni luoghi come i mezzi di trasporto. Ma oggi credo ci siano le condizioni per procedere con il togliere l’obbligo di mascherine al chiuso. Il decreto di fatto – ha sottolineato Costa, riferendosi al cosiddetto decreto riaperture di Draghi – toglie l’obbligo di mascherine al chiuso per tutti. Si tratta ora di fare alcune riflessioni e valutare se mantenerle in alcuni contesti particolari, dove può esserci una concentrazione maggiore di persone”.
Ancora più cauto, se vogliamo usare un eufemismo, il ministro della Salute, il mortifero Roberto Speranza. Ospite di Giovanni Floris a “diMartedì“, il politico lucano ha messo tutte e due le mani avanti, con una dichiarazione che è tutto un programma: “Valutiamo giorno per giorno, settimana per settimana e tante di queste valutazioni vanno ancora misurate. Ad esempio quella sulle mascherine al chiuso che in questo momento sono obbligatorie. Secondo me sono e restano un presidio molto importante“. Dopodiché, portandosi avanti col lavoro, ha aggiunto: “Poi dovremmo valutare l’evoluzione anche di questo virus e dobbiamo tenerci pronti per l’autunno quello che abbiamo imparato negli ultimi due anni è che la fase autunnale e quella invernale sono le fasi più difficili. Trovarci pronti in quel momento significherà prima di tutto proteggere i più fragili”.