Cultura, tv e spettacoli

Victoria’s Secret, torna lo show: che goduria lo schiaffo al MeToo

Il marchio ha appena annunciato che la sfilata si farà ancora dopo la cancellazione del 2018

© dotshock e Viktoria Slowikowska tramite Canva.com

È questa la fine dell’epoca woke? È questo un ritorno alla normalità? C’è un alone di suspence su un fatto in sé frivolo, marginale fin che si vuole, eppure significativo di un mondo che non ce la fa più a restare compresso, violentato nella sua mente, che vuole tornare a respirare. Victoria’s Secret, celeberrimo colosso dell’intimo femminile, annuncia il ritorno dei suoi famosi spettacoli-evento, sospesi dal 2018, travolti dalla solita dittatura delle cazzate siccome non erano abbastanza inclusivi, non tiravano abbastanza dentro indossatrici col manganello (non in borsa, come la compagna Salis, ma sotto la lingerie) o oversize, che è un modo gentile per dire quelle sopra il quintale che si atteggiano a silfidi. Come ci fosse una dittatura del pensiero e dell’estetica che impone l’obbligo. Difatti c’è. Stravolgendo ogni senso.

Victoria’s Secret, a dirla come va detta, e vista, erano gnocche da paura con due tette così che sfilavano in reggiseno e mutandine sotto gli occhi del mondo: si prestarono anche, a vario titolo le varie Naomi, Lady Gaga, Bella Hadid, Taylor Swift, siccome i soldi pesano ma non hanno né bilancia né sesso. Poi, la solita gestapo demenziale e allucinata, le polemiche, il boss che si dimette, le patetiche sfilate virtuali, che, con rispetto parlando, è come farsi una pippa a Matrioska, la fine. Robetta sicuramente volatile, vacua, ma indicativa di come ci abbiano invaso il sangue fino al cervello: un maschio sui 120 chili “deve” sfilare sui tacchi ondeggiando l’elefantiaco culone, “deve” gareggiare tra le donne, “deve” venire associato a un carcere femminile se ha stuprato un congruo numero di femmine, laddove in galera ricomincia subito a violentarle, i vaccini “devono” fare bene a prescindere, e quando fanno male salta fuori il Burioni o Bassetti di turno a dire che si “deve” censurare la reazione avversa, che la vittima “deve” essere morta di caldo, il riscaldamento globale “deve” imperversare anche se diluvia, da febbraio che annunciano l’inevitabile stagione più torrida di tutti i tempi, e da tre mesi fa freddo, tutto tracima, alluviona, allaga esattamente come l’anno scorso ma si “deve” dire che non c’è acqua, che si crepa di caldo, che tocca andare nel Sahara per un po’ di refrigerio, se uno si accorge che affoga, come un anno fa, come ogni anno.

Salta fuori il Bonelli o il Tozzi di turno a dire che si “deve” rifiutare la realtà, se no è fascismo, chi scrive ha fatto una sua piccola ricerca su alcuni sedicenti climatologi di quei siti, sapete, pagati dalla Ue per dire che da domani sarà un caldo infernale, così per mesi e mesi, c’è sempre un domani che prima o dopo arriva, però io sono andato a cercare quelle faccette, quei nomi di giornalisti climatici, e, toh, sono come i cambiamenti climatici antropici: non esistono, non c’è traccia, sono falsi, inventati. E si “deve” dire che l’auto elettrica salverà il mondo, anche se ti esplode sotto al culo, e si “deve” parlare di transizione climatica anche se si pronuncia big business, si “deve” cianciare di ammodernamento degli immobili anche se si legge patrimoniale, è tutto un dovere per mentire, per distorcere, per stravolgere. Da cui alcuni hanno tratto gli indizi di un trionfo demoniaco, di quel pandemonio che capovolge tutto e condanna al caos, che ha ucciso la verità e si alimenta di crudeltà.

Così, piano piano, velocemente in effetti, ci siamo assuefatti. Svirilizzati. Decerebrati. Fanatizzati. Scimuniti. Così la sinistra demoniaca ha imposto la sua legge ricattando e da ultimo addomesticando un mondo conservatore incapace di reagire in modo organizzato e convincente, risolto a collaborare fino alla resa ignominiosa. Il ritorno annunciato degli “angeli” (con le tette e un culo da favola) di Victoria si inserisce in questa temperie drammatica, tragica nella sua nuova normalità ormai indiscutibile, impercettibile. E lascia sognare ritorni al futuro, un futuro dove si possa di nuovo vedere quello che c’è, non quello che non c’è; quello che non esiste va lasciato al regno delle allucinazioni, non eretto a cattedrale ideologica e quindi politica e quinci di potere. Un potere che crea mostri, che bombarda i bambini di intrugli perché “devono” cambiare sesso, non avere sesso, avere tutti i sessi. Un potere che ti nega Dio perché elegge te stesso a unico dio, ma un dio solo, disperato e servo da quello stesso potere che ti infila in un Pantheon di mattoni. E i mattoni, siano di foratella, di gomma o di cemento, si sa, non hanno coscienza, non hanno responsabilità: si comprimono e si limitano gli uni gli altri, si controllano e si spiano, si segnalano. Tutti opportunamente vaccinati nel sangue e nel pensiero, mascherati, obbedienti.

Il ritorno di una sfilata di modelle così come le sogniamo noi maschi normali, novecenteschi, binari, non fluidi, è una notizia che in definitiva ci lambisce, non ci tocca davvero, però finisce per travolgerci se solo pensiamo a come ci siamo ridotti, a come ci hanno ridotti. Se solo la vediamo in controluce come la possibile riscossa dell’umanità, con tutti i suoi pregi difettosi, se la riverberiamo sui nostri giorni a venire, se la proiettiamo sulla nostra vita residua che ci aspetta, e che potrebbe, finalmente, essere meno infernale di quella che abbiamo visssuto negli ultimi… quanti anni? Cinque, dieci, venti? Non lo sappiamo più, è uno stillicidio, un veleno iniettato a goccia. Ma potrebbe anche darsi il contrario, sfilate orrende stile Sanremo o Eurofestival, con fluidoni in babbucce e labbra canottate che scheggeggiano vincenti e feroci nei loro sorrisi mannari. A quel punto non ci resterà che suicidarci tutti, noi incapaci di adeguarci a un tempo senza senso. Per questo l’annunciato ritorno degli angeli con le tette assume la prospettiva di una resa dei conti. Mentre i feticci del woke, metoo, bodypositive, timesup e cazzate e mazzate franano rabbiosi, travolti dal mercato che li punisce; e possiamo vederla in due modi, o come il trionfo tardivo delle profezie marxiste o come la conferma inevitabile che alla fine il mercato, con tutti i suoi difetti virtuosi, lo fanno gli umani e quando gli umani non ci arrivano più, quando non possono più permettersi le loro stesse follie, quando non gli conviene, semplicemente tornano indietro, alla logica, alla ragione.

Basta con l’auto elettrica, con la birretta trans, coi cartoni animati inclusivi, con il revisionismo delirante, basta coi mille sessi stupidamente mescolati, con la ignobile dittatura di pensiero satanicamente “gentile” che impone il noleggio di uteri in cliniche-lager dove le gravide, se non lo sapete, restano cinghiate ai letti per settimane, come animali da allevamento, non possono neppure canticchiare, neppure sentire una musica, altrimenti il feto sviluppa empatia, come natura ha deciso, e alle puerpere è negata ogni visione del loro frutto a pagamento, lo hanno comprato mostri danarosi e fluidi per “allattarli”, che è già violentare un neonato, mentre quelle madri abortite muoiono presto ammalate dei loro ormoni gonfiati, non fanno neppure in tempo a spendersi l’elemosina raccattata. Il pandemonio è questo, un regno di orrore e di follia. E il futuro è una perenne rincorsa alla normalità perduta nel segno di una fede da riscattare, una stella polare da ritrovare. E noi abbiamo un motivo in più, ma enorme, vitale, definitivo, per tifare gli angeli con le tette: o Victoria, o morte.

Max Del Papa, 17 maggio 2024

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