Cultura, tv e spettacoli

Vietato scrivere “grasso”: che schifo la cancel culture su Dahl

L’ultima follia politicamente corretta mette nel mirino l’autore della Fabbrica di cioccolato

Roald Dahl cancel culture

Ma chi l’ha detto, ma dove sta scritto, ma chi l’ha deciso, ma chi l’ha stabilito che questi stronzi del politicamente corretto inclusivo debbano dettare legge? Ogni giorno c’è uno che si alza e trova un fasciocomunismo tutto rosa e profumato, anzi arcobalenato, per tracciare la linea. E i marchi, le multinazionali dello spettacolo culturale si allineano. E a me mi piace sfancularli a due per volta, parafrasando Edoardo Bennato. A cominciare da questa Alexandra Strick, sulla quale torno tra un attimo: è lei la revisionista dei libri di Roald Dahl, da “La fabbrica di cioccolato” a “Il coccodrillo enorme”, “Le streghe e gli sporcelli” e così via. Libri con cui hanno imparato il piacere della lettura, divertendosi, assorbendo piccola letteratura, intuendo che il mondo è un posto fatto di diversità, anzi di differenze, milioni e milioni di ragazzini (e non solo) spalmati su tre generazioni; fine dei giochi: la Puffin che detiene i diritti, d’accordo con gli eredi, cui fanno schifo le pagine ma non le royalties dell’avo, ha proceduto ad una cancel senza culture, una s-cultura di censura ed è qui che entra il ballo la Alexandra.

Questa Alexandra se n’è andata a passeggio per le opere di Dahl, rovinandole in nome dell’inclusività: ma chi l’ha detto, ma dove sta scritto che può inserire di suo pugno un passaggio sulle “molte altre ragioni per cui le donne potrebbero indossare parrucche e non c’è certamente niente di sbagliato in questo”? Ma non lo vede che è una prosa di merda? Per fare prediche deliranti ai bambini? Ma dove siamo, a Sanremo? Via i “piccoli uomini”, che è roba bianca maschia tossica e si risolve con “piccole persone”, il ciccione Augustus Gloop diventa “enorme”, che non si capisce in che modo suonerebbe meno “offensivo”, non esistono più i brutti ma i tutti; i brutti da rispettare, non da fingere di non vedere. L’inclusività è la peggiore discriminazione.

Ma chi l’ha detto? Ma dove sta scritto? Ma che è ‘sta ybris, questo stillicidio, termini limati, cancellati, sostituiti, così da sfinire completamente lo spirito e il senso di ogni pagina e dell’intero racconto, in un afflato demenziale, da analfabeta di ritorno, da mentecatti? Io sono andato a cercarmela, questa Alexandra: una Giovanna d’Arco per i bambini da rieducare ma si capisce benissimo che più sono sfortunati e più rappresentano il suo core business. Dai, su, che siete qui per far soldi, soldi, soldi, il credo assoluto, inclusivo, esclusivo che sta dietro ogni correttezza politica e ogni coppia di influencer allo sbando.

Ma non ha senso prendersela con l’Alexandra di turno, che brucia idealmente libri, li riscrive per la rabbia furiosa di non averli saputi scrivere lei; un po’ come lo sfigato debunker (maddeché?) che fa le pulci al premio Pulitzer dall’alto della sua laurea triennale presa in una decade; uno fuori contesto dalla nascita. Tocca ragionare in termini globali considerando quel poderoso demoniaco processo inteso a svitare la testa all’occidente per rimontargliela a rovescio. Non scopriamo più niente di nuovo, possiamo solo limitarci ad aggiornare l’acta diurna dello scempio: statue, manuali, pellicole, dipinti, fumetti, miti, musiche, niente si crea e tutto si distrugge ovvero si trasforma nel senso di questa mania, riconoscersi sessualmente vigliacchi, perché indecisi a vita secondo convenienza; citofonare Rosa il Chimico. Tutto permeato di questa smania, apprendisti politici, cantanti, romanzieri che se ne escono: sono fluido, votatemi, consumatemi.

A parte la fluidità, che hai da offrire? Niente, sono fluido, sceglietemi. Ma chi l’ha detto? Ma dove sta scritto? Ma chi l’ha deciso? Ma chi l’ha stabilito? Il mercato, dicono: risposta sbagliata, il mercato s’è adeguato, per poi indirizzare gusti e consumi, di conseguenza, ai dettami di un ordine nuovo, genderizzato, di sinistra, partito dagli Stati Uniti, penetrato nel Regno Unito e di qui nel resto dell’Occidente, non solo europeo: l’ormai famigerata Agenda 2030, che oggi condiziona anche testi, programmi, procedure, cattedre scolastiche. La continuazione del marxismo con altri mezzi, posto che la scommessa rivoluzionaria, la lotta di classe è finita come è finita e cioè nella totale sconfessione delle profezie. È, vogliamo dire, qualcosa di astratto, di calato dall’alto, come sempre senza fondamenti razionali, senza un’oncia di quella pretesa scientifica che pretende di avere. È che qualcuno tutti i giorni se ne inventa una per finire al centro di quel sistema mediatico-spettacolare che finge di esecrare, e allora va bene la vocale capovolta, l’asterisco, va bene la demolizione della narrativa per ragazzi, va bene disossare i racconti di Dahl, va bene attentare all’opera di uno dei più grandi cartoonist al mondo, Don Rosa: “qualcuno” ha deciso che Zio Paperone non è inclusivo, guardandosi bene dallo spiegarne il motivo, che non esiste, e lui ha reagito: o tutto o niente, se mi eliminate due episodi della mia saga, non avrete nessuna saga.

E questo è precisamente il modo giusto: rinunciare. Oppure fregarsene. Romperanno le palle? Ti taglieranno fuori? Pazienza, alla fine saranno loro a perdere. Perché i loro Uomo Ragno, che non è più un uomo ma un “persona-ragno”, i Superman nel senso dei Village People, i Batman gender, gli Asterix di colore, le Biancaneve rivedute e corrette in Neraneve lesbo, alla fine non tengono. Sono fissazioni, omogeneizzazioni rancide, obblighi di essere qualcosa. Sono puttanate: lasciate pure che si sfoghino, dovranno tornare a Canossa, come la desolante premier scozzese Sturgeon, una che basta una foto a capirla, una che dopo gli ultimi sfaceli gender, tipo spedire stupratori seriali in carceri femminile dove continuano la loro attività sia pure autopercepiti come bimbe in treccine, si è convinta che le conveniva dimettersi prima di venire linciata. Finiranno, finirete tutti così, perché non siete umani, siete solo stupidi, tutti, a prescindere se politici o finanzieri o faccendieri o grassatori delle multinazionali dello spettacolo.

L’ultima boiata Disney, lo Strange World grondante revisionismo da maniaci, è stato il flop più tracotante nella storia della company, la gente li ha mandati a spalar gender all’inferno, tornando a rivedersi i cari vecchi Aristogatti nel frattempo passati al Sillabo (ancora una volta non si è capito perché). Eh, certo: Zio Paperone va cancellato, è capitalista e corre dietro a Brigitta invece che a Papero Macron; “in sostituzione” come direbbe il professor Guidobaldo Maria Ricciardelli “trasmetteremo il film d’animazione “Paperino si fa Qui Quo Qua”. Può funzionare così? No, non funziona, non è naturale, non è normale; se la leggesse lei, la merda che ha riscritto sul Cioccolato di Dahl.

Max Del Papa, 20 febbraio 2023