Viganò, cosa c’è dietro la scomunica del vescovo no green pass

Il monsignore è finito nel mirino del Dicastero per la Dottrina della Fede, ma è pronto a dare battaglia

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viganò papa francesco

Nessuna sorpresa: le autorità vaticane hanno comunicato ieri mattina a monsignor Carlo Maria Viganò la scomunica decisa nei suoi confronti. Il prelato, 84 anni, era accusato del delitto riservato di scisma e la nota diffusa dal Congresso del Dicastero per la Dottrina della Fede ha ribadito gli addebiti nei suoi confronti: “Sono note le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II”. Il delitto di scisma è uno dei tre delitti “contra fidem” insieme a eresia e apostasia e, in dettaglio, viene definito nel diritto canonico come “il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti” (can. 751 CIC).

L’ex nunzio degli Stati Uniti aveva ribadito a più riprese di non riconoscere la legittimità del Papa e dell’ultimo Concilio e le conseguenze della scomunica saranno pesanti. Mons. Viganò non potrà celebrare la Messa e gli altri sacramenti, ricevere i sacramenti, amministrare i sacramentali e celebrare le altre cerimonie di culto liturgico, avere alcuna parte attiva nelle celebrazioni appena citate, esercitare uffici o incarichi o ministeri o funzioni ecclesiastici e porre atti di governo.

La notizia dello stato di accusa era stata diffusa dallo stesso Viganò lo scorso 20 giugno. Tanti gli episodi che in passato lo hanno visto protagonista. Emblematico quanto accaduto nell’agosto del 2018, quando pubblicò una lettera in cui chiedeva le dimissioni di papa Francesco, accusandolo di aver coperto il cardinale Theodore McCarrick, colpevole di aver abusato sessualmente di alcuni seminaristi. Tornando indietro, all’epoca Vatileaks, mons. Viganò puntò l’indice contro il segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, reo a suo dire di omesso controllo nei confronti dell’operato di un vasto sottobosco che si muoveva all’ombra di San Pietro, ricorda l’Agi.

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Tra i vari attacchi, mons. Viganò definì Bergoglio “eretico”, “tiranno” e “servo di Satana”, fino a mettere in dubbio la sua elezione nel conclave del 2013. E ancora, uno degli affondi più duri quello relativo al documento “Fiducia Supplicans”, che consente la benedizione delle coppie omosessuali. Ma il prelato finì al centro delle polemiche anche per alcune sue esternazioni extra-Vaticano, per la precisione in relazione alla pandemia da Covid-19. Viganò stroncò senza mezzi termini il green pass, parlando apertamente di “passo verso l’inferno” e di “tirannide mondiale”: “I politici sono servi del demonio e come tali pretendono di affermarsi, cortigiani del potere che nessuno ha eletto”.

Mons. Viganò negli scorsi giorni aveva parlato di sentenza già scritta e oggi è tornato alla carica. Nelle ore dell’ufficialità della scomunica, il prelato ha reso noto di voler celebrare messa a prescindere dalla sentenza: “Come ogni mese, anche questo Primo Venerdì dedicato al Preziosissimo Sangue celebrerò la Santa Messa per gli Amici e Benefattori della Fondazione Exsurge Domine. Assieme a loro, porterò ai piedi dell’Altare anche tutti coloro che hanno voluto esprimermi sostegno e assicurarmi le loro preghiere in questo momento”. La battaglia andrà avanti, anzi: siamo solo all’inizio.

Franco Lodige, 6 luglio 2024

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