Nicola Porro ha coniato mesi fa un’espressione di fulminante efficacia (“il giornale e la tv unica del virus”) per indicare una certa corale attitudine mediatica ad accompagnare e potenziare la propensione del governo (già fortissima di suo) all’eccezionalità, allo stato d’emergenza, alla compressione delle libertà economiche e personali.
Mesi dopo, naturalmente con rare e meritorie eccezioni soprattutto sulla carta stampata, ci risiamo. Anzi, stavolta, un po’ come accade quando due ciclisti vanno in fuga e si danno il cambio per allungare la distanza rispetto al gruppo che li insegue, sono i media a “tirare”, a spingere sull’acceleratore, ancora più del governo, che invece – naturalmente – si conferma il primo beneficiario politico di questo clima.
Da giorni, sono i giornaloni mainstream a “gridare” sui contagi che “s’impennano”, a trasformare tutto in un “caso” (pure una festa in Sardegna), e per altro verso a occultare i dati più rassicuranti: il numero limitatissimo dei decessi, le cifre bassissime dei ricoverati in terapia intensiva, il fatto che 9 su 10 degli attuali contagiati siano asintomatici (e, trattandosi di giovani, quasi tutti con altissima probabilità di non dover essere nemmeno oggetto di cure).
No, tutto deve per forza essere presentato in una chiave ansiogena, sovreccitata, agitata. Ora, capisco (ma è una spiegazione superficiale) che qualcuno ritenga che questa corda emotivamente tesa possa suscitare l’attenzione di lettori e telespettatori. Ma anche solo una riflessione minimamente più approfondita dovrebbe indurre gli editori a un po’ di prudenza e di raziocinio: paralizzare di nuovo il paese, gettarlo nel panico, significa anche azzoppare gli investimenti pubblicitari, com’è già accaduto in questo 2020, dando un altro colpo all’informazione libera.
Let cooler heads prevail, dicono i più saggi ad altre latitudini: facciamo prevalere le teste meno calde, che è come dire “calmiamo gli animi, manteniamo il sangue freddo”. Scusate, non si era (giustamente) detto per mesi che sarebbe stato desiderabile arrivare a dover “convivere con il virus”? Non avevamo tutti sperato di arrivare ad una situazione in cui si sarebbe trattato di applicare alcune accortezze, di mantenere una certa vigilanza, ma – per così dire – tornando alla normalità della vita, del lavoro, della scuola? Ci siamo arrivati, e allora sarebbe il caso di comportarsi di conseguenza.
Mi spiego con un esempio. Al di là della sua propensione alla polemica politica (anche con la Regione Veneto di cui è stato efficace consulente), uno dei virologi che quest’anno ha azzeccato più cose è stato ed è indubbiamente Andrea Crisanti. Fu lui (quando il solito Walter Ricciardi suggeriva di non farlo) a consigliare i tamponi anche per gli asintomatici. Ed è lui, ora, sia pure con toni un po’ allarmisti che potrebbero essere attenuati, a consigliare un’operazione di tamponi a tappeto.