Vita o Nulla, la battaglia dei nostri giorni

Social, abitudini, lavoro e paure rischiano di distrarci da un’esistenza piena. Ecco come

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“La strada più sicura per l’inferno, ricordalo, è quella graduale… è il dolce pendìo, il soffice suolo, senza brusche voltate, senza pietre miliari, senza indicazioni”. Il diavolo Berlicche spiega così nelle sue lettere al giovane apprendista Malacoda come agire per ingannare gli uomini, in un’opera strepitosamente attuale di Clive S. Lewis.

Liscio al tatto lo schermo risponde senza obiezioni al nostro pollice opponibile; sembra quasi di raccogliere un frutto, invece non tocchiamo nulla e nessuno, mentre scivola via il tempo.

Si beve qualcosa insieme, dai. Una foto, due foto, tre foto che testimonino la vita sui social e via. I soliti discorsi sul covid. Un po’ di stordimento può distrarre, ma tra le mani ancora niente.

Al lavoro, il programma, gli obiettivi, le e-mail e poi dovrebbe restare del tempo per noi, uno spazio costruttivo limitato da un’accidia ormai allenata o da un banale fastidio che rischia di diventare schiacciante.

Ci incolliamo sereni alla carta moschicida dell’abitudine, ci dà sicurezza; attorno tutti ci raccontano quel che succede, non c’è nemmeno bisogno di mettersi a cercare sul serio e di grattare via le apparenze, la volontà d’azione si assopisce, mentre i talenti rimangonono ordinati e puliti nella vetrinetta della sala come il servizio buono da usare nella giusta occasione che tarda ad arrivare.

In fondo sono solo piccoli e banali peccati senza importanza… ma si accumulano e creano barriere. Le paure e le paranoie poi cementificano questa durezza che mina la fiducia reciproca e le relazioni semplici: guardare negli occhi e ascoltare attenti, in silenzio, stringere con calore la mano di chi incontriamo, condividere il dolore della malattia di un amico, inaugurare davvero quel progetto, rischiando.

Il rischio è diventato ormai uno scoglio bloccante e non più un trampolino da cui tuffarsi. Eppure in quello slancio, in quel tuffo c’è il senso dell’esistenza e l’alternativa è la stasi.

Vita e Nulla combattono quotidianamente dentro e fuori di noi, un’eterna battaglia che si gioca in piccole e grandi scelte, in atti semplici e tangibili che possono aprire a opportunità grandi e coraggiose; spiega sempre il diavolo: “I cristiani descrivono il Nemico (Dio) come uno “senza il quale il Nulla è forte”. E il Nulla è assai forte: è tanto forte da rubare all’uomo gli anni migliori non in dolci peccati, ma in una terribile volubilità della mente che si aggira in non sa che cosa senza saperne il perché, nell’appagamento di curiosità così deboli che ne è consapevole soltanto a metà”.

E su quella metà spesso si costruisce un’esistenza intera fino a che ci si trova, prima o poi, a fare i conti con sè: “Ora m’accorgo d’aver trascorso gran parte della mia vita non facendo né ciò che dovevo né ciò che mi piaceva”. Assecondare meccanicamente questo malsano disegno non riesce tuttavia a cancellare completamente un’innata disponibilità alla speranza che la quotidianità ci regala vestendola da imprevisti, indicazioni preziose per tirarci su e mordere la vita in un’avventura segnata da esperienze e incontri, da gioie e dolori distillati insieme.

Che cos’è che ci strappa dunque dal Nulla? Il qui e ora, vivere il presente. È questa la grande finestra sull’infinito che fa entrare aria nuova e respirare a pieni polmoni.

La relazione tra noi e il presente, quello che ci accade adesso, è un confronto tra i nostri sogni e il sì alla nostra realtà. In questo dialogo tra due mondi, quello interiore e quello esteriore si genera una conoscenza edificante, un’azione libera dai pregiudizi, si rinnova l’io, lasciando il posto alla vita e detronizzando il Nulla.

Fiorenza Cirillo, 29 novembre 2021

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