Pubblicazione sui giornali di notizie coperte da segreto investigativo; diffusione di intercettazioni penalmente irrilevanti; colpevolizzazione preventiva; annientamento della privacy di indagati e imputati: il circo mediatico-giudiziario sembra ormai entrato a far parte stabilmente della vita del nostro Paese. Un meccanismo infernale, che ogni giorno spazza via lungo il suo cammino carriere professionali, stabilità economiche, reputazioni, rapporti familiari, sociali e affettivi. Insomma, vite intere.
Avviso di garanzia come sentenza di condanna
Basta un avviso di garanzia, rilanciato con enfasi da un quotidiano, e la tua vita viene stravolta. Nonostante le accuse siano ancora tutte da dimostrare, in pubblico diventi già “colpevole”. Le persone che ti circondano cominciano a guardarti con occhi diversi. Il datore di lavoro ti licenzia per non compromettere l’immagine dell’azienda. Le banche tagliano il credito alla tua impresa. La carriera professionale viene demolita. Mesi (ma più spesso anni) dopo, le accuse si rivelano infondate, vieni prosciolto o assolto, ma gli organi di informazione, che inizialmente hanno contribuito a stravolgere la tua esistenza, si dimenticano di te. Non è prevista nessuna “riparazione” mediatica.
I dannati della gogna. Cosa significa essere vittima del circo mediatico-giudiziario (Liberilibri), del giornalista Ermes Antonucci, racconta venti storie esemplificative di vittime della gogna mediatico-giudiziaria. Ne sono protagonisti volti noti, da politici a funzionari pubblici a manager di successo, ma anche persone comuni, a conferma che il virus di questa gogna devastante, come qualsiasi altro virus, non guarda in faccia a nessuno.
“L’ipotesi accusatoria, soprattutto in società di debole cultura democratica, assurge a rango di giudizio attendibile e di già definitivo per il fatto stesso di provenire da un’autorità pubblica: se lo hanno arrestato, ci sarà una ragione”, scrive nella prefazione al saggio l’avvocato Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane e avvocato di Enzo Tortora nella causa di responsabilità dei magistrati che lo accusarono ingiustamente. “Tanto più vasta sarà la eco mediatica dell’accusa, tanto meno chi l’ha promossa sarà disposto a riconsiderarne il fondamento. Il cappio si stringe intorno al collo del presunto colpevole con un doppio nodo scorsoio: la gogna mediatica da un lato, l’accusatore impegnato nella strenua autodifesa a oltranza, dall’altro. Non c’è scampo, fino a quando il presunto colpevole non avrà la ventura di incontrare un giudice indifferente all’una e all’altro: evento, purtroppo, nient’affatto scontato, e comunque quasi sempre drammaticamente tardivo”.
Gogna illustre
Il saggio racconta, ad esempio, l’incredibile storia dell’ex ministro democristiano Calogero Mannino, accusato per trent’anni (in sede penale e soprattutto mediatica) di essere vicino alla mafia, incarcerato, processato e poi assolto sempre da tutte le accuse. C’è poi la storia di Giovanni Novi, ex presidente dell’autorità portuale di Genova, accusato di presunti illeciti nell’assegnazione dei moli. Venne arrestato davanti a giornalisti e fotografi. La scena fece crollare sua moglie, già malata (morirà in ospedale). Sei anni dopo Novi sarà assolto da ogni accusa.
Ma la gogna non risparmia nessuno, persino ministri della Giustizia della Repubblica italiana. Ecco quindi la storia dell’ex Guardasigilli Clemente Mastella, assolto quindici volte su quindici. Il caso più celebre riguarda l’inchiesta che lo travolse proprio nel 2008, costringendolo alle dimissioni da ministro e contribuendo alla caduta del governo Prodi.
E ancora: il generale Mario Mori, Giulia Ligresti, Maurizio Lupi, Giorgio Mulè, Francesco Bellavista Caltagirone. Ma non mancano anche storie di semplici cittadini (un funzionario di banca, una guardia giurata, titolari di aziende), che a causa della gogna mediatico-giudiziaria hanno perso tutto.