Ci avevano raccontato che era un Puzzone e una minaccia per il mondo libero, invece è l’unico, vero difensore del medesimo. L’epidemia, quantomeno, funziona da organo chiarificatore, disarma la retorica e ci lascia nudi di fronte alla nuda realtà. La realtà ormai evidente a chiunque (chiunque non sia a libro paga di Pechino, il che taglia fuori un bel po’ di governi, anche occidentali) è che la Cina, fonte scatenante della pandemia, sta costruendo sul morbo un tentativo di egemonia globale. E il solo che lo contrasta è lui, Donald Trump. Lo fa per preservare il primato americano? Certamente, e pensate un po’, noi lo preferiamo al grande inganno totalitario cinese, che ha visto tra i suoi primi entusiasti tifosi “Giuseppi” de la Pochette, Giggino il bibitaro e compagnia (s)governante.
Il Dragone comunista è infatti il principale responsabile del deflagrare del Coronavirus. Per settimane ha insabbiato la sua diffusione, arrestato e silenziato i medici che lanciavano l’allarme (molti dei quali sono spariti, probabilmente nel gorgo infernale dei laogai, i campi di concentramento del regime, se va bene), negato la possibilità del contagio tra umani. Il suo scudiero più fedele in quest’opera di disinformatja planetaria è stata l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quell’Oms che ancora il 14 gennaio, a epidemia ormai conclamata, rilanciava le approfondite indagini cinesi, le quali “non dimostrano la diffusione tra umani”. Quell’Oms che ha censurato i report in tempo reale dalla democratica Taiwan sul pericolo di un’esplosione del contagio, agendo da perfetto braccio armato del Partito Comunista Cinese. Quell’Oms il cui presidente Tedros Adhanom Ghebreyesus il 30 gennaio, durante un colloquio a Pechino con Xi che era piuttosto un atto di sottomissione pubblica, vaneggiava che “la Cina sta effettivamente definendo nuovi standard per la lotta alle epidemie”.
Sì, gli standard dell’omissione, della non condivisone dei dati col resto del mondo, del taroccamento dei numeri: dopo che abbiamo visto il flagello all’opera in Europa, nessuno (sempre con l’eccezione del libro paga di cui sopra) crede più ai circa 3 mila morti nel Paese. Proprio la biografia di Ghebreyesus è definitivamente istruttiva su cosa sia diventata l’Oms. Ex-ministro della sanità e degli esteri etiope (ruolo in cui fu sospettato di aver insabbiato tre epidemie di colera), storico militante del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigri, un’organizzazione marxista-leninista appoggiata da Pechino, nominato grazie al voto compatto di 50 nazioni africane oggi totalmente controllate dalla Cina.
È assai chiaro ora perché un’Organizzazione Mondiale della Sanità del genere “ha dato informazioni false sul coronavirus“, e “i suoi ritardi sono costati vite umane”, come ha scandito Donald Trump. Che ha fatto seguire alle parole la coerente, e mai vista prima, conseguenza politica: ha sospeso i finanziamenti americani al carrozzone. Uno dei più clamorosi paradossi del magnificato “ordine internazionale”, ormai paravento appena accennato delle dittature, è che un ente così smaccatamente funzionale alla politica di potenza cinese ha (aveva, Donald sia lodato!) negli Stati Uniti di gran lunga il suo principale finanziatore.
Contributo annuo di Washington: fra i 400 e i 500 milioni di dollari. Contributo annuo da Pechino: 40 milioni di dollari. Almeno dieci volte di meno. Cioè: il contribuente americano paga, Xi Jinping e la cricca criminale al suo fianco incassano il dividendo politico, e noi ci becchiamo il “virus cinese”, come correttamente e in solitudine Trump chiama il Corona che sparge morti a migliaia.
Un gioco truccato, che riduce il mondo libero a parco giochi dell’offensiva imperialista cinese, i responsabili dell’infezione globale che diventano i salvatori, il capovolgimento finale che assume le sembianze dell’idiozia social con l’hastag #grazieCina. Per fortuna che Donald c’è.
Giovanni Sallusti, 15 aprile 2020