Va bene: non aveva molto tempo. Va bene, forse non si aspettava di dover preparare un partito dalla sera alla mattina e di trovarsi subito a correre verso le urne. Va bene tutto. Però voglio dire: quando decidi di strappare dal M5S, quando decidi di fare un’alleanza con Bruno Tabacci, almeno affidati all’agenzia di marketing giusta. Perché già ti pigliano per il culo chiamandoti “il bibitaro”; già ti definiscono “giggino ‘a poltrona”, “giggino ‘a cartelletta” e via dicendo; è mai possibile che devi fornire pure l’assist per battute sciocchine tipo l’Ape Maio?
Io non so quale sia il programma politico di “Impegno Civico“, a dire il vero non lo sa ancora nessuno, però una cosa è certa: il simbolo del nuovo partiti di Di Maio fa schifo. O meglio non dice niente. C’è un’ape per sottolineare l’impegno ambientalista. Un po’ di blu che non guasta mai. La bandiera italiana giusto giusto accennata. E l’arancione simbolo dei candidati civici, o di quello che ne rimane. Sembra uno di quei loghi destinati a scomparire, come Scelta Civica e sodali. O come Alleanza per l’Italia, il movimento di Rutelli che ha fatto la fine che ha fatto. È scomparso.
L’Apemaia, ricciola e bionda, nella sua fiaba si allontana dall’alveare per scoprire un mondo magnifico. L’Ape Maio ha fatto più o meno lo stesso: si è allontanato dal grillismo dov’era nato, ma fuori non ha trovato alcun mondo fantastico. Solo la solita vecchia politichetta voltagabbana. Oggi si dice “riformatore”, ma guidava un partito fieramente populista. Si professa mediano contro gli estremismi, eppure andava a braccetto con i gilet gialli. Attaccava i “taxi del mare”, ma si ritrova alleato del partito amico delle Ong. E senza dimenticare che voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, per poi ritrovarsi apparentato con un vecchio democristiano della prima ora.
Viva viva viva l’Ape Maio. Più che un insetto, un camaleonte.
Giuseppe De Lorenzo, 1 agosto 2022