Sul Gesù che diventa cucù, cosa dire? Poco o nulla, se non esprimere una tristezza infinita, quasi sconsolata. Essa nasce da due ordini di ragioni: innanzitutto, come credente, trovo la cosa ai limiti della blasfemia, in secondo luogo, come cittadina, sono allibita dall’ignoranza, sempre nel senso etimologico del termine, all’interno della quale è attecchita l’idea di cancellare il nome di Gesù, mentre si festeggia il Natale a scuola, in nome del politicamente corretto.
Infatti, delle due, l’una: o si fa festa a scuola per il Natale, ricordando qual è il significato autentico della festa, con Gesù, Maria, Giuseppe, i pastori, gli angeli e i Magi, oppure non si fa proprio la festa. Infatti, quale messaggio del Natale queste educatrici, ricordiamolo che le maestre coinvolte sono, come tutti i docenti italiani, educatrici, intendono trasmettere? Cancellando il nome di Gesù, queste maestre dicono ai loro alunni che il Natale è il trionfo del consumismo, dei regali, delle luci, del panettone, del prosecco.
Perdonatemi, ma questo non è il Natale, almeno per me. Questi episodi mostrano chiaramente l’urgenza della libertà di scelta educativa: i genitori che nel Natale ricordano e festeggiano la povertà dello speco di Betlemme sceglieranno una scuola che non fa diventare Gesù il cucù, i genitori interessati, invece, al prosecco e al panettone sceglieranno la scuola dove Gesù diventa cucù.
Sia chiaro: non per creare divisioni ma perché ognuno trovi ciò che l’onestà e l’intelligenza gli impongono. Del resto è solo dall’onestà e dall’intelligenza che nasce il confronto, quello vero, quello che non cancella e non omologa in nome del politicamente corretto.
Suor Anna Monia Alfieri, dall’Ansa 24 dicembre 2023