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Vogliono censurarli perché difendono la famiglia tradizionale - Seconda parte

famiglia è la base dell’ordine sociale.

Invece da settimane assistiamo ad una caccia alle streghe del solito Giornalista collettivo, del Partito Unico dei Media (Pum), fondata sui si dice, sui pare che, sui sembra, e si mettono alla gogna persone e storie prima ancora che possano parlare.

Perché in realtà l’intenzione è propria quella: impedire che essi parlino. E non è detto che le frange più violente di coloro che manifesteranno contro il Congresso non cerchino di giungere anche a questo. Perché, secondo il Pum, il Congresso delle famiglie non avrebbe diritto di parola? Perché sarebbero, tutti, allo stesso modo, decine di relatori di paesi e culture diverse, «anti gay» e «anti aborto ».

E’ questo il tabù massimo dei nostri giorni, la cuspide della nuova religione liberal-libertaria: non si può essere anti gay e anti aborto. Poco importa che poi, per essere tacciati dal Pum di anti-gay, basti non dirsi convinti  sull’utero in affitto o sull’adozione per le coppie omosessuali. Così come, secondo le femministe, pensare che l’aborto sia una cosa terribile, da ridurre il più possibile senza incarcerare nessuno, vorrebbe dire possedere una concezione «medievale» della donna. Che poi, nella loro ignoranza, neppure sanno che durante il Medioevo la chiesa evitava di condannare l’aborto!

Perché, invece di circondare metaforicamente (si spera) il Congresso delle famiglie con fiaccole e forconi, Lgbt femministe e movimenti vari non organizzano un loro forum? Se davvero dicono di essere, non contro la famiglia, solo contrari a quella «tradizionale», perché non si ritrovano e muovono proposte concrete? E se sono così sicuri delle loro idee, perché sono tanto nervosi?

Marco Gervasoni, 20 marzo 2019

 

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