Politica

“Vogliono un governo tecnico”. Meloni reagisce allo spettro ribaltone

E sui migranti il premier replica a Berlino: “La solidarietà non si fa coi confini degli altri”.

Meloni governo tecnico © sal61 tramite Canva.com

L’ombra del governo tecnico. In Italia è un classico, una disco rotto, un rischio che ritorna ogni qual volta ci si avvicina ad una manovra finanziaria, i mercati si agitano un po’ e i governi non piacciono ai giornali giusti. Ve lo avevamo detto qualche giorno fa: allacciate le cinture perché ripartirà presto la solita pantomima dello spread, i continui richiami alla crisi del debito, gli allarmi sulla possibilità che i mercati scarichino il Belpaese, diano l’avvio alla speculazione, arrivino le cavallette e quindi il Quirinale altro non possa fare che nominare un governo tecnico. Tecnico a tal punto che, alla fine, gran parte dei ministri sono di sinistra.

È successo ai tempi di Mario Monti, ricorderete, e se non ve lo ricordate andate a leggere le rivelazioni dell’ex capogruppo leghista, Mario Reguzzoni, sulle manovre di Giorgio Napolitano. Poi di governi tecnici ce ne sono stati altri ovviamente, a partire da Dini fino ad arrivare a Ciampi e Mario Draghi. E il modus operandi è sempre più o meno quello. Si parte dalla famosa parola “spread”, ovvero il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi e italiani a 10 anni, si descrivono le Borse in fibrillazione, i tassi alti, la manovra che non ha tesoretti da investire e via dicendo. Infine arrivano il pezzo del Financial Times (manco fosse il Vangelo), la bollinatura di una banca d’affari, in questo caso Morgan Stanley, e il gioco è fatto. La Stampa oggi parlava della possibilità che, in caso di emergenza, si possa materializzare l’ennesimo governo non votato dagli italiani. I retroscenisti fanno notare che l’Europa ha nominato in ruoli di consulenza sia Mario Draghi che Enrico Letta e lo leggono come “un cordone di sicurezza”. Vero? Mah. Sentendo un ex ministro, La Stampa spiega che Meloni sarebbe disposta a far vivere “un governo di larghe intese per lucrarci su elettoralmente altri 10 anni”. Non si capisce bene perché un partito che siede a Palazzo Chigi e ha il vento in poppa dei sondaggi debba lasciare il posto per “lucrare elettoralmente” non si sa su cosa, ma questo è. “Tutto questo chiaramente in caso i dati economici e l’autunno caldo portassero il Paese a una situazione di estremo malessere. È un’ipotesi decisamente lontana, ma non vuol dire che non ci sia chi si prepara. E a prepararsi, come sempre, è il Partito democratico”.

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Letto l’articolo della Stampa, oggi Meloni ha però risposto colpo su colpo. La “preoccupazione” di uno spread alto, ha detto il premier da Malta, “la vedo soprattutto nei desideri di chi come sempre immagina che un governo democraticamente eletto, che fa il suo lavoro, che ha una maggioranza forte e stabile, debba andare a casa”. E ancora: “Il governo tecnico da chi dovrebbe essere sostenuto? Da quelli del superbonus? No perché è lì che io vedo un problema per i conti pubblici italiani, non in chi spende le poche risorse che ha per metterle sui redditi più bassi, senza lasciare voragini aperte a chi viene dopo. Io non vedo questo problema, vedo la speranza dei soliti noti e mi fa sorridere”. I numeri in fondo parlano chiaro: “Lo spread che lanciate come se fosse la fine del governo Meloni stava adesso a 192 punti, a ottobre scorso 250 durante l’anno precedente al nuovo governo è stato più alto e i titoli non li ho visti”. Lei non intende certo farsi mettere da parte. “Mi diverte il dibattito, temo che questa speranza non si trasformerà in realtà”. Il motivo è semplice: “L’Italia è una nazione solida, ha una previsione di crescita superiore alla media europea per il prossimo anno. Lo spread ha ricominciato a scendere. Dopo aver letto alcuni titoli gli investitori hanno letto anche i numeri della Nadef”. Insomma: “La sinistra continui a fare la lista dei ministri del governo tecnico che noi intanto governiamo”.

Intanto, sempre da Malta, il premier parla anche di migrazioni. Lo scontro con Berlino, l’accordo con Parigi e un patto Ue che stenta a decollare sono tutti temi in cima all’agenda del governo. Con Olaf Scholz ieri ci sono stati dei contatti. L’Ue punta sulla redistribuzione dei migranti, che però per l’Italia “non è mai stata la priorità”, ma soprattutto Berlino ieri al consiglio europeo sul Patto di Immigrazione e Asilo si è presentata con alcuni emendamenti sulle Ong. Emendamenti che per Meloni sono “un passo indietro”. “Capisco la posizione del governo tedesco – ha detto il premier italiano – ma se loro vogliono tornare indietro noi presentiamo un altro emendamento che prevede che i migranti vengano trasportati nel paese della bandiera della nave non governativa. Non si fa solidarietà sui confini degli altri”.

Franco Lodige, 29 settembre 2023

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