Volkswagen travolge l’indotto. Maxi tagli e chiusure: perché anche l’Italia rischia grosso

Non solo le case automobilistiche. Da Schaeffler a Michelin, le multinazionali messe ko dall’integralismo green

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Chiusure auto elettriche

Un mondo più pulito, il contrasto al cambiamento climatico, la pace nel mondo. Di promesse ne sono state fatte tante in relazione alle auto elettriche, ma qualcosa non ha funzionato. Nonostante il grande battage mediatico e i pomposi proclami, il mercato dei veicoli alla spina è fermo. Un disastro, una Caporetto che ha colto di sorpresa i big del settore. La crisi dell’auto ha imposto alle case automobilistiche uno stop agli ambiziosi investimenti green, ma non solo. Alcune aziende sono state costrette ad annunciare chiusure e tagli, basti pensare alla Volkswagen, pronta a tirar giù la serranda in tre impianti. E proprio le difficoltà della Volkswagen travolgono l’intera filiera.

Il disastro delle auto elettriche ha delle ripercussioni significative sull’indotto e anche i componentisti hanno iniziato ad accusare il colpo. Un esempio su tutti, Schaeffler: tra i principali fornitori globali di componenti per l’industria automobilistica e industriale, il colosso tedesco ha annunciato che taglierà 4.700 posti di lavoro tra Germania e altri cinque paesi in Europa. “In Europa, in particolare, la domanda in molti settori continua a essere debole, con conseguente sovraccapacità nelle sedi tedesche ed europee”, l’ammissione di Sascha Zaps, presidente del Bearing e Industrial Solutions. Da qui la necessità di adeguamenti strutturali per ottimizzare la base di costi, consolidare le attività e migliorare “in modo sostenibile” la competitività dell’azienda. Sulla pelle dei lavoratori, i primi a pagare anni di integralismo verde.

Schaeffler conta di risparmiare 290 milioni di euro l’anno entro il 2029 grazie a questo ridimensionamento che include l’integrazione di Vitesco e che numeri alla mano interesserà dieci sedi in Germania e altre cinque in Europa. Ma non si tratta dell’unica realtà in difficoltà, anzi. Nelle scorse settimane Bosch ha confermato un taglio di circa 10 mila posti di lavoro a livello globale a causa della necessità di adattarsi alla crescente richiesta di tecnologie elettriche. E, ancora, Continental, altra multinazionale tedesca che ha fissato l’obiettivo di tagliare fino a 30 mila posti di lavoro nei prossimi anni. Sulla stessa lunghezza d’onda il colosso ZF Friedrichshafen, colpito duramente dalla dal calo della domanda per i componenti tradizionali.

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Germania ma non solo, il tracollo delle auto elettriche si sta facendo sentire anche in Francia. Nelle scorse ore Michelin ha annunciato che entro l’inizio del 2026 chiuderà due stabilimenti nel Paese: interessati 1.254 posti di lavoro. Una soluzione necessaria per fare fronte alla scarsa domanda in Europa e all’agguerrita concorrenza dei produttori asiatici a basso costo. Il colosso delle ruote ha spiegato che la riduzione della capacità produttiva è legata all’aumento della quota di mercato dei pneumatici di fascia economica, perlopiù destinati ad automobili, furgoni e veicoli pesanti. Le linee premium sono state tagliate fuori, causando inevitabilmente un surplus di capacità produttiva in alcuni stabilimenti del gruppo. Come riportato dal Sole 24 Ore, l’azienda transalpina ha reso noto che nei conti consolidati al 31 dicembre sarà incluso un onere straordinario di circa 330 milioni di euro per coprire i costi legati alla chiusura.

Chiusure e licenziamenti, un triste epilogo. Soprattutto perchè a pagare saranno coloro che non hanno alcun tipo di responsabilità, mentre i manager privi di visione cascheranno in piedi. E, come abbiamo appena dimostrato, la crisi non riguarda solo il settore dell’automotive, ma anche le filiere collegate. L’Italia potrebbe essere tra le vittime di questa ossessione verde, soprattutto quelle piccole e medie imprese che si occupano di componentistica specializzata.

Franco Lodige, 5 novembre 2024

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