Politica

Voltagabbana, quanti sono (e quali sono i peggiori)

Politica

Antonio Razzi e Domenico Scilipoti sono stati a lungo indicati, per antonomasia, come gli esempi del malcostume dei voltagabbana in Parlamento. Non tutti sanno che dal 2018 hanno avuto 274 imitatori, tra deputati e senatori: più o meno il 30% del totale degli eletti. Tanti sono stati i parlamentari che hanno cambiato gruppo nel corso della Legislatura. E il 2021 è stato l’anno in cui il fenomeno si è verificato con maggiore frequenza: i cambi di appartenenza sono stati complessivamente 126, cioè più del doppio rispetto a tutti quelli avvenuti nell’anno precedente (58).

Al netto delle sistemazioni in altri Gruppi parlamentari, questa mobilità ha finito per gonfiare a dismisura il Gruppo Misto, che fra Camera e Senato conta 113 iscritti.

Si sa che non tutti i voltagabbana sono uguali. I Razzi si devono mettere alla berlina perché hanno scelto il centro-destra invece della sinistra e dei suoi alleati, mentre in altre circostanze chi ha fatto il percorso inverso è stato definito “responsabile”. Dipende quale casacca si smette e quale si indossa. È curioso vedere lo zelo con cui il Pd di Enrico Letta stia proponendo una modifica del Regolamento della Camera e del Senato per colpire economicamente i transfughi, decurtando loro alcune delle competenze spettanti finora. Una nuova forma di giustizialismo che Enrico Letta sembra aver acquisito (o forse solo rafforzato?) dalla frequentazione intensa con il M5S (o quello che ne rimane).

A proposito di voltagabbana. Ma non è che questi parlamentari “liquidi” in fondo hanno qualche ragione? La fedeltà al partito nelle cui liste sono stati eletti su che cosa dovrebbe essere misurata? All’inizio della legislatura – giusto per fare un esempio – gli eletti del M5S (all’epoca poteva vantare il Gruppo parlamentare più numeroso) erano tenuti a sostenere la richiesta del loro leader, Luigi Di Maio, che invocava l’impeachment per Sergio Mattarella. Chi nel 2018 immaginava un accordo tra Pd e M5S era etichettato come promotore di una “boiata pazzesca” – per citare Il Fatto Quotidiano, che di grillini se ne intende e se ne intendeva anche allora – che invece due anni dopo è diventata la soluzione dei mali del Paese.

Vale per la Lega, che in due anni ha trasformato i “cinque stelle” da odiati rivali, prima del voto del 2018, in alleati di Governo, dopo il voto, fino a considerarli più nemici che avversari durante il secondo Governo Conte, e infine ritrovarsi nella stessa maggioranza con il Governo Draghi. C’è da disorientare il più flessibile degli interpreti della politica contemporanea.

PaginaPrecedente
PaginaSuccessiva