Siamo a Bologna, anno del signore 2023. In pieno città spuntano dei cartelloni rossi con la scritta “socialismi”, la data “2003/2013” e soprattutto con tre inni a Marx, Lenin e Zuckerberg. Cosa c’azzecchi Zuckerberg con Marx e Lenin è tutto da vedere. Ma prima di tutto occorre capire di cosa stiamo parlando.
L’Istituto Parri è l’ente che a Bologna si occupa di portare avanti il patrimonio storico della Resistenza. Roba importante, visto che a presiederlo è Virginio Merola, ex sindaco della città emiliana e oggi parlamentare Pd. In occasione dei suoi 60 anni, l’istituto ha ben pensato di dare in via ad una campagna pubblicitaria e multimediale per raccontare “la crescita e l’evoluzione” del Parri lungo i decenni, “ricostruendo passo per passo la crescita e l’evoluzione dell’Istituto”. Bene. Ogni decennio ha un proprio titolo e una grafica dedicata. Dopo “Baby Boom” (1963-1973) vengono “NeroFumo” (1973-1983), Muri e Pupe (1983-1993), “Big Bug” (1993 e 2003) e “Socialismi” (2003-2013). Ed è proprio qui che casca l’asino. Sotto il titolo, infatti, appare anche la seguente scritta: “W Marx, W Lenin, W Zuckerberg”.
Che vuol dire? Nella spiegazione online, il Parri ricorda che il 2003 è stato “teatro di un sanguinoso conflitto: la seconda guerra del Golfo”, conflitto “ampiamente contestato in tutto l’Occidente” e dove “la coalizione occidentale” si è macchiata “di diversi crimini di guerra”. Poi vengono la guerra ad al-Qaeda, la crisi dei subprime, l’arrivo di Barack Obama e l’avvento dei primi social network. Al netto dell’errore grossolano di datare la vittoria del mondiale di calcio da parte dell’Italia nel 2004 (alla faccia dell’istituto storico), nemmeno una riga viene dedicata a spiegare perché nel manifesto sia scritto “W Marx” e “W Lenin“. Posto che il cartellone sarà stato visto da molte più persone di quante non siano andate a cercare l’introvabile spiegazione sul sito, neppure online è spiegato chiaro e tondo il motivo di quelle parole.
Ed è questo che fatto infuriare non poco il senatore di Fratelli d’Italia, Marco Lisei. “Questo istituto si prende circa 340mila euro annui per fare le sue divulgazioni e la biblioteca – ha detto in un video – Soldi nostri. Siamo nel 2023 e c’è ancora qualcuno che inneggia al comunismo, una ideologia criminale che ha fatto milioni di morti. Vogliono riabilitare il comunismo con i nostri soldi? Almeno hanno avuto la decenza di non mettere Stalin, ma non è che Lenin sia questo stinco di santo”.