Il tennista col covid

Wimbledon, Berrettini la stecca: si arrende al terrore del covid

Il tennista rinuncia al torneo inglese: il test covid non era neppure obbligatorio. Sui social dice: “Ho il cuore spezzato”

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Come una racchetta impugnata male, come una pallina liftata bene, la situazione è sfuggita di mano: Matteo Berrettini, il tennista, salta Wimbledon perché ha il Covid. E uno s’immagina scenari drammatici, intubazioni, estenuazioni, poi viene fuori che per averne conferma si è dovuto fare l’analisi: giusto un po’ di naso che gocciola.

E allora vien da pensare che non c’è solo lo zelo idiota dei novax, quelli veri, i fanatici, i costruttori industriali, di complotti, c’è pure quello dei pro, gli ortodossi a tout prix. Berrettini teme, così dice, di contagiare l’avversario, che gli sta dall’altra parte del campo, il pubblico, che sta sugli spalti, e che è: manco la peste nera. “Ho il cuore spezzato”, una tragedia da eroe omerico. Questo Berrettini, se non sbagliamo, è quello che di sé dice: sono un campione, però sono anche molto bello, ma resto umile. Restasse pure un po’ razionale, non sarebbe male. Tanta ortodossia finisce per sacrificare un torneo ma per rilanciare l’immagine a livello planetario, e prosit, però finisce pure per convincere il signor nessuno di turno che con un po’ di raffreddore, perché “questo Covid” è un raffreddore, bisogna mollare tutto e barricarsi.

E che sia un raffreddore, sono costretti a riconoscerlo anche le vestali più scatenate, i viroaffaristi più imbecilli: “Non dà sintomi, non dà conseguenze, ma non abbassare la guardia e mascherina anche in spiaggia”. Ecco, il punto è questo: nessuno sottovaluta niente, se Berrettini vuole rinunciare a Wimbledon, è nel suo pieno diritto; però, ecco, la finisca di fare il martire responsabile, che non è il caso: non è che col raffreddore contagi Wimbledon, il Regno Unito, il Sistema Solare. Qui il regime muore dalla voglia, lo abbiamo capito, altro che se lo abbiamo capito, di scatenare un megalockdown sinergico per ragioni: pseudosanitarie, pseudoambientali, pseudoenergetiche, pseudobelliche, come a dire: abbiamo fatto per anni cazzate da plotone d’esecuzione? Abbiamo lasciato circolare una pandemia prendendo tutte le decisioni sbagliate? Ci siamo trastullati con la transizione ecologica affidata a una disagiata, in realtà interfaccia di affari billionari? Ci siamo consegnati mani e piedi a un tiranno padrone del gas? Sprechiamo il 60% dell’acqua di cui disponiamo in infrastrutture colabrodo? Siamo in ritardo su tutto? Bene, la pagate voi schiavi: tutti rinchiusi, che è per il vostro bene.


La malattia sta qui. Il cancro sta qui. Ed è un cancro resiliente, se vi piace il termine, che torna sempre com’era. Berrettini ha l’influenza, il raffreddore, forse non si sente in forma e decide di rinunciare a Wimbledon: benissimo, legittimo, così come dovrebbe essere la scelta opposta del “novax” Djokovic. Invece questo passa per boia, l’altro per Gandhi: no, non può funzionare così, tanto più che Djoko decide per sé, Berrettini lascia trapelare come una pretesa salvifica del tutto fuori luogo e che francamente rompe i coglioni. “Ho il cuore a pezzi, il sogno è finito, tornerò più forte”. Sì, e cantami o diva del Pelide Matty l’ira funesta che infiniti addusse lutti ai tennisti. Possibilmente recitato tutto in corsivo.

Dannatissimi, sciagurati tempi in cui un raffreddore diventa un affare di Stato e di tiktok, una viacrucis, una candidatura. Certo, se ne esalteranno piddini, grillini poltroni, alienati, lunatici, Lucarelli, gente che se ti vede boccheggiare in treno cinque secondi chiama il controllore, gente che con 40 gradi gira mascherata da sola nella macchina chiusa ermeticamente: ma che dire dei cosiddetti esperti che, perfino loro, oggi son costretti ad ammettere che le maschere non servono, che i vaccini, non solo il Covid, i cuori li spaccano e come, che su questa dannata faccenda le cose che non tornano, che non si capiscono, sono ancora troppe e comunque più di quelle chiarite, che il coprifuoco era, ed è, per il coprifuoco, per questioni squisitamente di controllo e non certo di pubblica salute?

La questione, ovviamente, si è subito spaccata, di qua la tribù degli ipocondriaci, di là quella dei dietrologi: bel risultato, davvero. Un atleta ha il moccio al naso e bisogna per forza farne una “narrazione”: no, non ne usciremo mai e comunque non migliori: ne siamo già usciti abbondantemente rincoglioniti, tutti. Berrettini, il tennista bello, faccia un po’ quello che vuole ma un certo Mick Jagger due settimane fa si è preso il Covid, ha (necessariamente) saltato un paio di concerti, poi, senza tante pippe, si è presentato a Milano, San Siro, ha cantato e sgambettato per quindici chilometri sotto un calore “da quinto canto dell’Inferno”, come ha detto lui stesso. Fa 79 anni tra qualche giorno. Dimostrando che, appunto, si parla di un raffreddore. E non cerca scuse, e non la tira in lungo, e il piddì non sa manco che sia e Alessandro Gassman non sospetta neanche che esista, per fortuna sua.

Max Del Papa, 28 giugno 2022

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