Oggi, 24 agosto, sono 31 anni dal giorno in cui l’Ucraina dichiarò la sua indipendenza dall’Unione Sovietica. Sempre oggi, però, è anche la data che dà il via al settimo mese di guerra. Una guerra che, giorno dopo giorno, sembra essere più sanguinosa, più confusa e più distruttiva. In occasione di questa data il presidente ucraino Zelensky ha augurato una buona festa dell’indipendenza al suo popolo, assicurando che “combatteremo fino alla fine”. Una fine che, da quanto si apprende dalle sue parole, esisterà solo in caso di vittoria completa del suo popolo.
Zelensky è infatti chiaro e diretto: “Ogni giorno c’è un nuovo motivo per non arrendersi. Qual è per noi la fine della guerra? Si diceva: la pace. Ora diciamo: la vittoria”. Il leader ucraino ammette chiaramente che la via diplomatica, le mediazioni e la ricerca di trattati non è più – se mai lo è stato davvero – nei suoi interessi: l’obiettivo è quello di ripristinare il controllo su tutte le 25 regioni del paese “senza concessioni o compromessi”. Zelensky non accenna assolutamente a una tregua o al solo pensiero di una trattativa ma, anzi, rilancia. Adesso gli ucraini vogliono solo vincere: in uno scenario di devastazione totale Kiev è pronta a giocarsi tutto – ma soprattutto i propri uomini – per ottenere il Donbass e la Crimea.
Questo perché, afferma ancora Zelensky “non commerciamo le nostre terre e la nostra gente”. Quelle terre, il Donbass da una parte, in cui dal 2004 muoiono persone ogni giorno all’ombra dei governi e nel silenzio, e la Crimea dall’altra, dove il popolo, che dovrebbe essere sovrano, con un referendum ha deciso democraticamente di voler essere russo. La posta in gioco è alta e il rischio di un conflitto mondiale, oggettivamente, si fa sempre più concreto. I partner europei, infatti, sulle pericolose mire di Zelensky non hanno – ancora, almeno – proferito parola. Una dichiarazione di guerra senza fine, in cui Kiev dal sacrosanto diritto di difendersi dopo l’aggressione russa, sembra aver colto l’occasione per colmare le ambizioni espansionistiche. Da una guerra di difesa a un conflitto in cui la pace non è contemplata: così fa sapere l’Ucraina.
E se l’Unione Europea, che sulla carta sembra affannarsi tra meeting, vertici e quant’altro nelle vesti di mediatrice, ha sorvolato su questa importante – anzi crcuciale – passaggio di Zelensky, i nostri italiani si sono sentiti in dovere di intervenire. In che modo? Dando il completo appoggio e sostegno all’eroe dei nostri giorni, mettendosi nella posizione di appoggiare un conflitto che non accenna alla risoluzione ma, anzi, accettando implicitamente la possibilità di una guerra mondiale in nome del volere di Zelensky. “L’Italia sostiene fermamente l’integrità territoriale, la sovranità, l’indipendenza e la libertà del suo paese, e ribadisce il suo impegno ad assistere il popolo ucraino anche sotto il profilo umanitario e della ricostruzione”, così scrive il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio inviato al presidente ucraino in occasione di questa giornata.
Ma accenna anche a quella pace che l’Ucraina ripudia: “Va affermata ancora una volta la necessità di una immediata cessazione delle ostilità per l’avvio di un processo negoziale in vista di una soluzione pacifica, giusta, equa e sostenibile per l’Ucraina”. “Il cammino dell’Ucraina verso la piena integrazione nella famiglia europea rappresenta il rafforzamento di una cornice di fondamentale rilevanza. L’Italia continuerà a contribuire a tale processo, sostenendo gli sforzi verso il raggiungimento di tale traguardo”. Ed anche il premier Draghi lancia un video messaggio per l’occasione: “Il nostro governo vi ha fornito e continuerà a fornirvi sostegno politico, finanziario, militare ed umanitario. Vogliamo aiutarvi a difendervi, a raggiungere una pace duratura, nei termini che riterrete accettabili”.
La linea dei leader italiani sembrerebbe chiara da quanto riferiscono: aiuto incondizionato sia a livello militare che economico in quella che – per convenienza? – ancora continuano a chiamare “guerra di difesa”, omettendo il chiaro cambio di rotta. Quell’immediata “cessazione delle ostilità” che Mattarella invoca come fondamentale – e lo è – avverrà solo nel momento della vittoria totale dell’Ucraina, a quanto pare. La grande famiglia europea, che sta cercando di portare a compimento il processo di integrazione, cosa ne pensa di uno Zelensky che fa sapere al mondo che non è interessato alla pace? Ma soprattutto: dopo sei mesi di guerra alle porte e tutte le conseguenze economiche che l’Occidente e soprattutto l’Italia sta affrontando, lo slogan dei vertici resta lo stesso: difendere l’Ucraina invasa.
Almeno adesso l’Unione Europea avrà il coraggio e il rispetto di valutare – quantomeno – la degenerazione di un conflitto che è ad oggi il palese pretesto per cambiare gli assetti geopolitici mondiali o sarà più conveniente giustificarsi ancora?
Bianca Leonardi, 14 agosto 2022