Che fine abbiano fatto le negoziazioni in Ucraina non è ancora dato sapere. Certo l’Europa si sta dando un gran da fare, con Macron a guidare la truppa dei propensi a cercare un accordo con Putin. Azione però frenata da Boris Johnson da una parte e da Joe Biden dall’altra, i quali oltre a fornire miliardi di euro e armi all’Ucraina (l’ultimo decreto Usa è da 40 miliardi), sostengono anche le legittime richieste irredentiste di Zelensky. Il presidente ucraino ieri è stato chiaro: nessun patto con Putin finché la Russia non si ritira dai territori occupati. Unica concessione, quella della Crimea: nel senso che Zelensky è disposto a “lasciare da parte” il discorso. Ma certo non vuole regalarla a Mosca.
L’intervista al presidente ucraino andata in onda su Porta a Porta ha fornito molti spunti. Anche sulla lettura data a Kiev del viaggio di Mario Draghi negli Stati Uniti. Molti si aspettavano infatti che il premier italiano sposasse le posizioni “rigide” di Usa e Gran Bretagna, invece si è mostrato più affine al patto del Quirinale con l’Eliseo. “Al presidente Zelensky non sono piaciute le dichiarazioni di Draghi e quelle di Biden sulla necessità di trovare una via d’uscita – ha detto infatti Lucio Caraccio ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo su La7 – E questo perché comincia ad avere problemi interni, in particolare con il reggimento Azov”.
Non è un mistero, infatti, che la resistenza del battaglione all’Azovstal stia mettendo in difficoltà Zelensky. I comandanti di Azov sono convinti di poter organizzare un blitz con cui liberare i miliziani dalla morsa dei russi che circondano l’acciaieria. Il governo di Kiev, però, non è disposto a rischiare: l’Azovstal si trova a 150km dalle linee ucraine e rischiare una azione rischierebbe di provocare molti morti. “Zelensky è stato accusato di aver abbandonato i combattenti all’Azovstal – dice Caracciolo – che infatti gli hanno fatto pervenire minacce piuttosto serie”. Senza contare che, prima della guerra, tra il Battaglione e il presidente non correva buon sangue. Divisioni superate di fronte al nemico comune, ma che ora sembrano di nuovo riaffiorare.
Secondo Caracciolo, le difficoltà interne di Kiev e “un atteggiamento più compromissorio dei principali Paesi occidentali”, potrebbe “inasprire la situazione ancora di più”. Non solo. “Stanno venendo al pettine i nodi delle sanzioni, che sono state volute soprattutto dagli americani per dividere gli europei dai russi. Solo che poi si finisce per dividere anche gli europei dagli Usa, ed è quello che è andato a dire Draghi a Washington. Ha fatto notare a Biden che se continuiamo così non reggiamo, sia dal punto di vista economico, sia da quello sociale. Ci sono ormai delle linee di faglia molto forti”.