Dopo una prima fase del conflitto, in cui la stragrande maggioranza degli italiani sedeva a fianco di Kiev e del governo Zelensky; ad otto mesi dall’inizio del conflitto, la situazione pare essersi ribaltata. Secondo il sondaggio offerto da Nando Pagnoncelli, per la trasmissione televisiva Di Martedì, almeno il 60 per cento dei cittadini vorrebbe che l’Ucraina intavolasse una trattativa di pace con la Russia. Solo il 27 per cento degli intervistati riterrebbe che Roma debba continuare a sostenere la resistenza, come ha fatto il governo Draghi e come farà – presumibilmente – l’esecutivo Meloni: piena appartenenza all’alleanza atlantica, sanzioni coordinate con Bruxelles e costante invio di mezzi militari.
Il dato è impressionante, considerando il modo in cui la guerra venne presentata a fine febbraio. Si parlava di scontro tra Asia ed Europa, di ritorno alla Guerra Fredda (forse questo scenario potrebbe anche rivelarsi), di nuovo spostamento del baricentro geopolitico occidentale. E invece, di fronte alle problematiche energetiche che l’Ue sta riscontrando da settimane, il sentimento popolare è cominciato a mutare, fino a rendersi schiacciante.
La frattura sul tema Ucraina si nota anche sul piano politico. Da una parte, il Movimento 5 Stelle ha indetto, per metà novembre, una manifestazione “apolitica” contro l’invio di armi e per contestare “la linea appiattita sulla strategia anglo-americana“. Dall’altra, Pd e Azione hanno confermato la propria presenza al sit in davanti all’ambasciata russa in Italia, promossa da alcune sigle a sostegno della causa di Kiev. A ciò, si aggiunge l’esecutivo entrante, dove Fratelli d’Italia, in una posizione “anomala” rispetto a quella di Lega e Forza Italia, ha rinnovato fin da subito una politica comune con l’Ue, sia in termini bellici, che in quelli economici, di continuo supporto a Zelensky.
La paura fondamentale, come può essere percepibile, è quella di rimanere senza gas, quella del continuo aumento delle bollette e dei prezzi. Eppure, ci si dovrebbe chiedere se questa situazione sia causa del sostegno diretto all’Ucraina oppure di un’impreparazione dei vertici di Bruxelles, volti ad applicare sanzioni suicide e discussioni sul price cap, senza avere un Piano B di autosufficienza. Insomma, se il governo targato Enrico Letta, per fare un esempio, non avesse aumentato la dipendenza dell’Italia dal gas russo, fino a raggiungere punte del 48 per cento, forse non ci troveremmo nella situazione attuale. Oppure, se l’Ue avesse pianificato un piano coordinato di spartizione delle forniture di metano, nonché di progressiva indipendenza energetica, lo scenario di oggi sarebbe stato radicalmente diverso (posto il fatto che le riduzioni delle esportazioni russe cominciarono già a fine del 2021).
Non può che essere evidente l’insieme di errori, strategici e geopolitici, che ha portato all’implosione del nostro continente. A questo punto, però, l’Ue non vuole più tirarsi indietro e Zelensky ha già avvisato l’Italia: “La Germania ci ha già fornito un primo sistema di difesa antimissile, gli Usa hanno confermato il loro sostegno, naturalmente aspettiamo che anche Francia e Italia possano aiutarci”. Si tratterebbe del sesto pacchetto di armi inviato da Palazzo Chigi, a pochi giorni di distanza dall’ultimo deliberato dall’esecutivo Draghi. Eppure, un interrogativo sorge spontaneo: fino a quando si proseguirà con il sostegno economico e militare a Kiev? Più lungo è il conflitto e più saranno le conseguenze nefaste che l’Occidente dovrà affrontare. Alla domanda, purtroppo, non c’è ancora una risposta. Anche se l’orientamento degli italiani è chiaro.
Matteo Milanesi, 13 ottobre 2022