Il ministro Garavaglia, che è leghista, si sbilancia: “Si potrebbe ipotizzare la riapertura delle attività turistiche per il 2 giugno, festa della Repubblica: non possiamo perdere tempo”. Pensa se se la prendevano comoda. Pare quasi la canzone di Jannacci, “si potrebbe andare tutti in vacanza d’estate, riapro anch’io, no tu no”. Fare riprendere le attività a stagione praticamente inoltrata, per un comparto che ha già perso 36 miliardi e dove il 75% delle agenzie turistiche è a un passo dalla chiusura, suona come una condanna a morto e il presidente degli albergatori, Bernabò Bocca, ha detto a Quarta Repubblica: se non abbiamo certezze, non abbiamo prenotazioni e difatti stiamo a zero. Col bel risultato che chi potrà, sceglierà la Grecia o altre località. Proteste e tumulti scoppiano in tutto il Paese ma il Palazzo se la prende comoda e non sembra scomporsi più di tanto.
“Noi li capiamo, li rispettiamo” dice il Palazzo, ad una voce sola, ma il senso è quello degli intellettualini megafono della sinistra, i Serra, le Murgia: ma cosa vogliono questi rompicoglioni, ma stiano là, che almeno hanno smesso di evadere. Quattro gestori di palestre su dieci hanno riaperto contravvenendo a regole pazzesche: “Ci multassero, ma noi non ce la facciamo più”. E non è solo l’ombra della rovina a muoverli ma, forse anzitutto, la pena di non poter agire, di vedere i loro impianti ammuffire giorno dopo giorno. Il rapporto Istat appena pubblicato è roba da far tremare i polsi: tre attività su quattro a un passo dalla fine, filiere a pezzi, comparti allo stremo, distretti cancellati. Ma dal Palazzo non arrivano altro che inviti un po’ scocciati: su, portate pazienza, ancora un poco. Non li sfiora il sospetto che, a questo punto, ogni giorno pesa come un anno? No, non li sfiora, stanno troppo scollati dalla realtà, stanno su Marte.
La strategia per le riaperture ricorda il comma 22: per riaprire vaccinatevi, ma chi vuol vaccinarsi non può riaprire (perché i vaccini non arrivano). Domani è un altro giorno, si vedrà. Temporeggiatori anche sul blocco delle scadenze fiscali, durissimi viceversa sull’obbligo di pagare e i fantasmi delle patrimoniali, dei prelievi sui depositi, si avvicinano perché alla fine il modo di tappare le voragini è sempre quello; lo Stato, se non può mungere ricchezza, munge povertà. Ma le priorità, a quanto pare, si chiamano Copasir, si chiamano sederini rosa e la forsennata corsa a premiare i tesserati, come nei concorsi riservati ai soli piddini o nella cosiddetta “stipendiopoli rossa”, uno spasso di nepotismi e di spartizioni davvero a 5 Stelle, anche se di mezzo c’è il solito Pd degli onesti.