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Élite, sovranisti e grande stampa: sono tutti in un cul de sac

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Da tempo non faccio più analisi politiche, da mesi scrivo che partiti, grande stampa, establishment sono in un cul de sac, così mi limito a disegnare possibili scenari sul come uscirne: un divertissement intellettuale, sofferto.

1. Pd e Fi sono in un drammatico cul de sac, proprio nei due loro leader storici, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Non riescono a trovare la quadra per tornare a giocare un ruolo politico, mentre i loro elettori sono frastornati e stanno riposizionandosi. Uno è ridotto a difendere la “roba”, l’altro si arrabatta, come uno di noi. In pratica, non c’è un’opposizione strutturata contro il governo Conte. Il loro mito Emmanuel Macron sta precipitando nell’immagine e nei sondaggi. Non parliamo di Angela Merkel, è impegnata nelle faccende di casa, e non la si vede neppure più fare la spesa al discount.

2. Così M5S e Lega. Sono costretti a fare gli equilibristi fra le promesse (idiote) fatte ai loro elettori e il Mercato (non la Commissione europea, ormai in fase avanzata di decomposizione politica). I due vicepremier non hanno capito che sia la maggioranza nelle urne, sia quella incredibile dei sondaggi, non sono conseguenti alle loro tre costose promesse (“Reddito di cittadinanza, Flat tax, Legge Fornero”). I cittadini, banalmente, non volevano più vedere quelli che li avevano governati dal 2011 fino a tre mesi fa, i “competenti”. Le priorità dei cittadini erano altre: “Migranti, Sicurezza, Lavoro” e i dem. giocavano al “piccolo chimico”, inventandosi scambi osceni (per esempio: a) diritti sociali vs. diritti civili; b) flessibilità europea vs migranti per conto terzi). Si sono politicamente suicidati.

3. Vale pure per le élite: non sanno come uscire dal loro cul de sac. Un giorno sognano l’arrivo di “Mr. Spread” (eppure dovrebbero sapere che il “mercato” sa far di conto). Un altro, addirittura di eliminare la loro bestia nera, Matteo Salvini per via giudiziaria. Ora sognano che si spacchi il Pd, ma non sanno che non appena dovessero abbracciare il nuovo leader, costui sarebbe politicamente morto. I più seri di costoro non scrivono ciò che pensano: via il suffragio universale (l’immenso Allan Bloom, dopo il Sessantotto, scrisse, profetico: “… il fascismo ha un futuro, anzi è il futuro”). Stiamo tornando lì.

4. Infine, una riflessione sulla grande stampa, prendendo a riferimento solo le sette principali testate, dalle 45.000 copie del Sole 24 Ore (ultimo in classifica dei sette) alle 206.000 del primo, il Corriere della Sera. Tutti schierati contro il governo Conte, seppur con varie sfumature. Dai dati Ads (luglio 2018 vs. luglio 2017) delle vendite in edicola appare che, ad eccezione del Corriere (meno 2,2%), tutti gli altri sei consuntivano perdite pesanti, dal meno 7,1% al meno 13,6%.

Lo confesso, sono molto stupito che le sette testate, almeno all’apparenza, non pratichino azioni markettare di riposizionamento editoriale, ovvero inseriscano nuovi collaboratori “eccentrici”, alla Pier Paolo Pasolini, tanto per spararla grossa. Perché non fare nulla e assistere impotenti, da un lato alla perdita di copie, dall’altro a non vedere come l’opinione pubblica stia abbandonando i suoi partiti di riferimento, di sinistra e moderati nell’intera Europa e in America?

Chissà se in TV, la nuova “4” di Barbara Palombelli, di Nicola Porro, di Gerardo Greco, avrà il coraggio di sparigliare (cambiando i soliti “ospiti” e i “competenti” delle varie compagnie di giro; credetemi meglio prenderli dalla strada che dall’accademia o dai caminetti della politica). Come lettore e telespettatore non chiedo molto, ognuno scriva ciò che pensa ma mi conceda almeno dei momenti di leggerezza, di ironia. Dei giornali a minori tirature o di quelli sul web non parlo, visto che pubblicano un apòta come me (lo confesso ogni mattina, dato il contesto, provo sincero stupore).

Cari amici editori e direttori, siamo entrati in un mondo nuovo, usciamo dai nostri bunker mentali, abbandoniamo il mainstream, gettiamo nel cassonetto il linguaggio da bugiardino farmaceutico con il quale ci esprimiamo. Una piccola notazione personale. Fin dal primo giorno, mi sono rifiutato di chiamare “lesione” il Cancro (anzi da nove mesi lo scrivo con la maiuscola, per un senso di rispetto, visto che oltretutto siamo costretti a coabitare) e mi pare di sentirmi meglio. All’epoca del web la trasparenza, la sincerità, ergo l’execution, sono dei must, direbbero i colti. Amici, non perdiamo il privilegio di ragionare con la nostra testa e il nostro cuore, fra poco arriverà la generazione “Z”, e ci giudicherà.

Riccardo Ruggeri, Il Tempo 21 settembre 2018